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Come
albero
notiziario
mensile parrocchiale
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SENZA
PIÙ PESO
Per
un Iddio che rida come un bimbo,
Tanti gridi di passeri,
Tante danze nei rami,
Un’anima si fa senza più peso,
I prati hanno una tale tenerezza,
Tale pudore negli occhi rivive,
Le mani come foglie
S’incantano nell’aria...
Chi teme più, chi giudica?
GIUSEPPE
UNGARETTI
Sentimento del tempo
Poesie di Dio, Torino 1999, p. 153
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IL
MIO AVVENTO NELLE VOSTRE CASE
IE
così il mio secondo ‘Avvento’ qui a san Giovanni in Laterano si
avvia alla sua conclusione. Scrivo queste due pagine tra una benedizione
e l’altra, meglio al termine di una giornata trascorsa di casa
in casa per invocare la pace di Dio sulle vostre case e su quanti
in esse abitano. Così ho ripetuto centinaia di volte quando una
porta si apriva e venivo accolto in casa.
Vorrei raccontarvi qualche impressione di questa mia seconda visita
ad una parte, poco più di un terzo della nostra parrocchia, quella
parte che don Angelo per molti anni ha visitato.
E la prima impressione è stata proprio la gioia di scoprire quanto
affetto leghi molti parrocchiani a don Angelo un anno dopo la
sua partenza. Tanta è la forza della consuetudine che in qualche
caso sono stato salutato con il nome di don Angelo. Eppure non
credo proprio di somigliargli!
Sono felice di scoprire la traccia tenace di una amicizia, di
una stima, che molti continuano a nutrire per don Angelo. Confesso
che talvolta mi chiedo: Sarò mai capace di creare in questi anni
legami tanto tenaci con i miei parrocchiani?
Molte porte si aprono. Ho ritrovato quella porta che aprendosi
mi accoglie con la marcia trionfale dell’Aida! Novità di quest’anno
gli zerbini che, calpestati, ti suonano un motivetto natalizio!,
ma molte restano chiuse: gli impegni di lavoro rendono impossibile
incontrare tutti. Se ci recassimo nelle case solo nel tardo pomeriggio,
quando probabilmente l’intera famiglia è radunata, dovremmo impegnare
molti mesi e forse procureremmo qualche disagio arrivando in casa
all’ora della cena o del relax di fine giornata.
Molte porte si aprono anzi, si spalancano. Solo in qualche raro
caso la porta non si apre e dall’interno una voce dice: “Non ci
interessa”, oppure “Non ne abbiamo bisogno”. In pochi casi trovo,
appiccicati alla porta, dei messaggi. Di rifiuto: “NO GRAZIE;
BENEDIZIONI?, NO GRAZIE!!!” firmato l’Ateo. Di accoglienza: “VI
STIAMO ASPETTANDO PER LA BENEDIZIONE, SUONATE. GRAZIE; LE SIAMO
GRATI SE PUÒ RIPASSARE ALLE 17”. In altri casi, assente la famiglia
è la Domestica incaricata di accogliere e consegnare la busta
con l’offerta per la parrocchia. In moltissime case dove vengo
accolto sulla mensola dell’anticamera è già pronta la busta con
l’offerta. Accetto con gratitudine questo gesto, segno della stima
concreta per la parrocchia e le sue iniziative di carità. Mi sento
onorato di ricevere queste offerte, non sono per me ma per la
comunità e in particolare per i più poveri.
Molti si stupiscono di vedermi arrivare da solo, senza accompagnatore.
Spiego che in questo modo diviene più facile il dialogo confidenziale.
La presenza di altra persona insieme al sacerdote impedirebbe
di confidare qualche pena, qualche disagio, o chiedere un consiglio.
Talvolta la pur breve sosta nella casa è felice occasione per
abbozzare un dialogo che, chissà, potrà continuare in altra occasione.
Nel mio ‘giro’ non trascuro neppure gli uffici. Di queste visite
ho impressioni talvolta molto ‘simpatiche’: il personale, per
lo più giovane, si raccoglie nell’ingresso, accoglie e segue con
rispetto la preghiera. Conto sulle dita di una mano gli ambienti
di lavoro che non mi hanno accolto. In un caso l’impiegata della
reception prima di farmi entrare ha condotto un rapito sondaggio
per verificare quanti erano favorevoli e quanti contrari. Alla
fine sono stato accolto.
In
questo secondo ‘giro’ alcune cose mi hanno dato davvero gioia.
Anzitutto esser salutato per nome. E’ trascorso appena un anno
e molte persone mi accolgono salutandomi per nome. Mi dicono che
sono contente di ricambiare all’ingresso della loro casa la stretta
di mano che ogni domenica dò loro all’uscita dalla messa. Un gesto
semplicissimo ma che tanti apprezzano. Per restare ai gesti semplici:
ringrazio la signora che ho trovato intenta ad accorciare un paio
di pantaloni: mi ha attaccato un bottone, non nel senso di una
lunga chiacchierata, no con ago e filo ha ricucito un bottone
del soprabito. E un’altra signora intenta a fabbricare sciarpe
mi ha cucito un fiocco della stola che si era staccato. Ho dovuto
rifiutare numerosi caffè mentre mi sono ristorato con l’acqua
e talvolta con una bibita. In qualche caso ho portato a casa delle
fette di torta per la prima colazione o un melograno e peperoncini
coltivati su uno dei tanti bellissimi terrazzi. Molti mi chiedono
se sto bene e se sono contento d’esser in questa parrocchia. Dicono
il loro apprezzamento per lo stile della nostra comunità, la qualità
della predicazione, l’alto profilo degli Ospiti che animano le
nostre serate culturali e musicali. Una grande stima accompagna
il lavoro che il nostro don Paolo svolge con i ragazzi dell’Oratorio.
Mi sono proposto, in questo secondo ‘giro’, di annotare con cura
i nomi delle persone impossibilitate ad uscire di casa per malattia
o vecchiaia. Ho promesso a tutti che nel nuovo anno tornerò a
visitarli, nel mio taccuino ho già raccolto più di trenta nomi.
Nella gran parte dei casi sono accuditi da ‘badanti’ quasi esclusivamente
straniere. Questa varia e numerosa presenza merita da parte nostra
una attenzione più sollecita. Credo che dovremo pensare a come
meglio integrarle nella nostra comunità. Moltissime sono cristiane
e sono contente di ricevere la benedizione.
Analogo discorso bisogna fare per i numerosi custodi o portieri
delle case che provengono da Paesi stranieri. Sono ‘mestieri’
questi che non a caso vengono svolti da stranieri: probabilmente
noi non siamo più interessati a questo tipo di lavoro. Voglio
qui ringraziare i custodi e portieri delle nostre case che mi
hanno agevolato nella visita alle famiglie avvertendole e talvolta
accompagnandomi. Quasi al termine di questo secondo ‘giro’ si
fa sempre più forte in me la convinzione della bontà di questa
consuetudine tutta ambrosiana. Finché avremo le forze non la lasceremo
cadere. Molte persone la aspettano e si uniscono alla preghiera;
alcuni accendono le luci della casa o spalancano tutte le porte
o chiedono che benedica la camera da letto, la stanza dei figli,
le fotografie dei nipoti … Leggo in questi comportamenti il desiderio
di sentire dentro il proprio vissuto quotidiano la presenza del
Signore, lui che ha voluto condividere la nostra condizione umana
e nascendo da Maria si è fatto nostro fratello. Credetemi, è davvero
una lieta fatica portare in tante case questa buona notizia.
don
Giuseppe
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QUALE
FUTURO PER IL CRISTIANESIMO?
II
parte
Riportiamo la seconda parte dell’intervento che il prof. Vito
Mancuso ha tenuto all’interno degli incontri per i 75 anni della
nostra parrocchia il 19 ottobre scorso.
La prima parte è stata pubblicata sul numero di novembre.
Il
testo, cortesemente trascritto dalla sig.ra Rita Girotti, che
ringraziamo, mantiene lo stile parlato e non è stato rivisto dall’Autore.
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Nella
prima parte della mia conversazione ho cercato di delineare quale
forma di Cristianesimo a mio avviso non avrà futuro. Adesso mi
chiedo: Qual è per me il centro del Cristianesimo? Penso che,
alla fine, tutto consista nel dire “Io credo in Dio”, e pensare
Dio come Padre. Se c’è una cosa che Gesù voleva e su cui insisteva,
non era se stesso, ma era proprio il Padre; la cosa veramente
decisiva è “Io credo in Dio”. Quando Gesù dice: ”Chi accoglie
me non accoglie me, ma Colui che mi ha mandato” (Mc 9,37), rimanda
subito al di là di se stesso. Non a caso il senso primordiale
dell’annuncio di Gesù era il Regno di Dio, il Padre. Quindi per
me la questione sta proprio nel capire che cosa diciamo quando
diciamo: “Io credo in Dio”.
In questa affermazione trovo tre pilastri. Il primo è che diciamo
“io”. Questa affermazione oggi non è per niente scontata. Quando
dico“io” sapendo che “io” esiste veramente, affermo che la libertà,
la coscienza, la responsabilità esistono veramente. Il primo pilastro
è questa visione dell’uomo che lotta per difendere la coscienza,
la libertà e la responsabilità. Ci sono modalità di pensare l’uomo
che riducono l’uomo a una grande macchina costruita dai geni per
moltiplicare se stessi nella maniera più efficace. In tale prospettiva
il senso ultimo della natura sarebbe niente altro che una grande
impalcatura la cui unica vera finalità è la propagazione del materiale
genetico, della vita che diffonde se stessa; saremmo semplicemente
macchine al servizio di questa logica molto più grande di noi.
C’è del vero in tutto ciò, senza indubbio: noi siamo anche questo,
siamo abitati da impulsi che non controlliamo, siamo anche vita
vegetativa, siamo anche vita animale, ma il fenomeno umano non
è riducibile semplicemente alla vita vegetale o animale; siamo
anche vita psichica, siamo vita come ragione, come capacità di
calcolo, di progettualità. E ancora, noi siamo una vita che si
dice come spirito. Qual è l’esperienza concreta che il termine
spirito porta alla mente? Esattamente la possibilità che solo
nell’uomo si dà, di giungere ad essere liberi rispetto ai fenomeni,
alle influenze genetiche, rispetto alle influenze ambientali.
Certamente le influenze genetiche e ambientali ci sono, ma è altrettanto
vero che la mente umana in tutti i tempi e in tutti i luoghi è
giunta a parlare di intelletto o se volete di spirito per designare
la possibilità che l’uomo ha non solo di reagire, ma anche di
agire, di essere attivo, di creare, di porre qualcosa di nuovo,
ed è per questo che la civiltà umana va avanti, ed è appunto una
civiltà e non semplicemente una storia naturale. Per me questo
è un pilastro assolutamente decisivo: l’anima, cioè la differenza
ontologica dell’uomo rispetto agli animali. Una differenza che
non nasce, a mio avviso dall’alto, nel senso che Dio soffia e
l’anima viene immessa nel momento del concepimento. Io penso invece
che sia un qualcosa che sale dal basso, che emerge. Noi siamo
come una specie di spirale dove la punta più alta è esattamente
l’anima spirituale. Lì si ottiene la libertà, lì si dà la possibilità
di indipendenza rispetto al materiale genetico, rispetto agli
istinti, alle pulsioni che si possono controllare, disciplinare,
domare: così si diventa uomini e donne. E mi permetto di aggiungere
che se si perdesse meno tempo a parlare di dimensioni bioetiche
e più di ascetica e di mistica, di direzione spirituale, forse
le cose andrebbero un po’ meglio.
Il
secondo pilastro riguarda la verità, e cioè il pensare che questa
mia verità si compie veramente non nella misura in cui sta per
se stessa, ma perche si concepisce come relativa a quella dimensione
molto più grande che è il senso complessivo del tutto. Cosa vuol
dire che Dio esiste? E’ chiaro che Dio esiste. Guardando questo
mondo mi domando se esiste o no una signoria su di esso, una gerarchia
su questo mondo, siamo o no noi alla dipendenza di forze molto
più ampie di noi? Quindi esiste una signoria sopra di noi ed è
del tutto evidente che Dio esiste, intendendo Dio esattamente
come signoria. Il secondo pilastro è le risposta alla domanda:
chi è Dio? Questo è il vero problema, non tanto se c’è. Ma che
esista una signoria su di noi, forse anche semplicemente quello
delle forze cosmiche, è per me un’evidenza. È Tommaso d’Aquino
che mi ha insegnato a pensare Dio come il Principio di tutte le
cose. Il Principio non è l’inizio ma è ciò che accompagna da sempre
il fenomeno. Qual è il principio del mio matrimonio? Non è il
giorno in cui mi sono sposato, quello è l’inizio; mentre l’amore
fedele e incondizionato che ci unisce, questo è il principio del
mio matrimonio. Dio è il Principio di tutte le cose, è ciò che
accompagna tutte le cose, ciò che fa sì che un fenomeno non sia
caotico, ma sia informato, è ciò che “informa” tutte le cose.
E qual è il senso della mia libertà? Per me è legarmi al senso
complessivo del tutto. Io questo voglio fare: vivere per la verità,
indagare, così come sono capace, il senso complessivo del tutto.
Questa è Verità, il legarmi, religio, lego due volte, questo è
religioso. Cosa vuol dire credere? Essere religioso? Vuol dire
legare la mia vita a qualcosa che è più grande di me, voglio uscire
dall’egoismo di chi dice “Io = Io”, che è la trappola dell’egoismo
che determina l’Io come Io, e invece penso Io = Dio, se volete,
diventare divino, diventare una particella divina, la theosis
di cui parlano tutti i mistici, la deificatio, ma non perché voglio
avere lo spirito di onnipotenza, ma perché l’unico luogo, l’unico
senso della mia vita è quello di legarmi al senso del tutto. Questa
è religione. E questo è il secondo pilastro, la verità.
E
Cristo? Gesù è il Maestro, seguendo il quale io capisco qual è
la via per legare me stesso al senso del tutto, perché ciò che
insegna Gesù non è l’esistenza di Dio, ma è il Volto ultimo di
Dio. E allora chi è Dio? “Dio nessuno l’ha mai visto” ma Gesù
ce l’ha insegnato. La ragione per la quale seguo Gesù e non altri
è la paternità di Dio e, cosa decisiva, l’amore. “Maestro, qual
è il grande comandamento?” (Mt 22) Questa è una delle pagine decisive
per capire il messaggio di Gesù. La sua risposta è molto semplice:
“Ama Dio con tutto te stesso” e aggiunge “Il secondo comandamento
è simile al primo” e qui il colpo di genio “ama il prossimo tuo
come te stesso”, ma li lega “il secondo comandamento è simile
al primo”. Questa è la via che io vedo per legare me stesso al
senso del tutto; non è la potenza, in questo caso crederei a Zeus,
non è la bellezza, crederei ad Apollo, non è la forza, crederei
a Marte, non è l’eros, crederei ad Afrodite, ma è il bene. Io
penso che questo Cristianesimo che si basa sulla libertà umana,
sulla verità come dimensione in cui la libertà si compie, e infine
sulla via del bene, della giustizia e dell’amore, come via per
far sì che la libertà si compia come verità, questo Cristianesimo
avrà un futuro, bello.
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INDIGNARSI
PER PIAZZA BERNINI
Abbiamo
inviato alle competenti Autorità questa lettera per non rassegnarci
allo stato di degrado della nostra piazza.
Milano,
4 dicembre 2009
Egregio Signor
Dott. Pietro Viola
Presidente del Consiglio di Zona 3
Via Sansovino, 9
20133 Milano
Egregio
Signor
Matteo Certani
Presidenza della Comm. Urbanistica Zona 3
Via Sansovino, 9
20133 Milano
e,
p.c.
Gentile Signora
Dott.ssa Letizia Moratti
Sindaco del Comune di Milano
Piazza della Scala, 3
20121 Milano
Egregio
Signor
Dott. Bruno Simini
Assessore alle infrastrutture e lavori pubblici
Via Pirelli, 39
20124 Milano
Gentile
Signora
Dott.ssa Mariolina Moioli
Assessore per le politiche sociali
Largo Treves, 1
20121 Milano
Egregi Signori,
sono il Parroco della chiesa di San Giovanni in Laterano che si
affaccia su piazza Bernini. A nome e per mandato del Consiglio
Pastorale parrocchiale, dei fedeli della parrocchia e di molti
abitanti del quartiere, mi rivolgo a Voi per manifestare la nostra
indignazione per lo stato di degrado e di abbandono della piazza
Bernini.
Nel
mese di novembre del 2007, nottetempo, vennero abbattuti alcuni
alberi, la piazza venne transennata con palese disagio per le
persone con problemi motori e per l’accesso alla chiesa stessa:
in occasione dei servizi funebri le bare devono passare dalle
scale laterali. Nel corso di questi due anni non abbiamo visto
nessun intervento per la costruzione del parcheggio sotterraneo
e non sappiamo se tali lavori verranno eseguiti, dopo il parere
negativo espresso dalla Sovrintendenza regionale per la salvaguardia
del patrimonio naturale e artistico. Si rincorrono voci di un
definitivo accantonamento del progetto.
Faccio
appello alla Vostra coscienza di persone responsabili nella pubblica
Amministrazione perché ci sia data qualche affidabile informazione
e soprattutto perché la superficie della piazza venga ripristinata
almeno con l’immediata rimozione delle transenne, eliminando così
i disagi e i pericoli di caduta per le persone anziane.
Confido
nel Vostro senso di responsabilità e cordialmente Vi saluto.
don Giuseppe Grampa
parroco
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SOGNIAMO
INSIEME UN AMBULATORIO
PER I POVERI DEL “PANTANAL”
A
settembre dell’anno scorso io, Paola, pediatra presso l’Ospedale
San Raffaele di Milano ed Angela, infermiera pediatrica dello
stesso ospedale, abbiamo trascorso una “vacanza alternativa” a
Belem, una grande città a Nord del Brasile. Per varie settimane
abbiamo vissuto presso un Convento di Frati Cappuccini che da
anni svolgono la loro missione nelle periferie più povere della
città. In particolare prestano servizio in un quartiere, il “Pantanal”,
dove vivono in condizioni di miseria materiale e spirituale circa
300.000 persone di cui un terzo bambini. Nel Pantanal le case
sono palafitte costruite su acque limacciose e collegate tra loro
da strette passerelle traballanti.
In questa realtà è inevitabile il diffondersi di patologie legate
alle scarse condizioni igieniche in cui vivono queste persone
costrette a convivere in piccoli spazi angusti ed umidi.
L’assistenza sanitaria, come in tutto il Brasile, è privatizzata
e pertanto troppo spesso inaccessibile a persone che vivono nelle
suddette condizioni: per loro diventa impossibile anche accedere
a presidi medici banali quali un areosol o un piccola medicazione
di ferite che si infettano con una facilità estrema.
Al momento l’unica attività di assistenza sanitaria agli abitanti
del quartiere si svolge negli spazi di un asilo che i frati hanno
costruito e che giornalmente accoglie circa 350 bambini dai 2
ai 6 anni sottraendoli alla violenza della strada. Il piccolo
ambulatorio però non è specificatamente attrezzato ed è equipaggiato
solo con poche attrezzature di base (una bilancia, un lettino
visite). L’attività sanitaria è svolta da personale italiano espatriato
durante le vacanze estive su base prettamente volontaria. Per
poter quindi garantire un’assistenza continuativa e di un adeguato
livello rivolta soprattutto ai bambini ed alle giovani madri adolescenti
(circa 5.000), intendiamo costruire un ambulatorio attrezzato
(collegato all’asilo di cui sopra).
Oltre a personale italiano volontario che si recherà periodicamente
in loco per supervisionare il funzionamento nella struttura, l’ambulatorio
verrà gestito da medici locali specializzati disponibili ad offrire
la loro opera gratuitamente. Tra i servizi sanitari offerti vi
saranno quelli relativi alle specialità di pediatria, ginecologia/ostetricia,
odontoiatria e dermatologia.
I pediatri saranno a disposizione per fornire rudimenti di puericoltura
ed educazione sanitaria alle madri, al fine di prevenire, ove
possibile, le patologie dell’infanzia (quali pediculosi, scabbia,
impetigine, etc… ) attribuibili alla carenza igienica ed alimentare.
Verranno inoltre effettuati regolari bilanci di salute per valutare
la crescita dei bambini nei primi mesi di vita e sostenere le
giovani madri nella gestione dei neonati. All’ambulatorio potranno
comunque accedere pazienti di qualsiasi età, con patologia acuta
e cronica gestibile in struttura ambulatoriale, e nella stessa
sede, riceveranno le cure necessarie. Ai pazienti con possibilità
verrà richiesto il pagamento di una quota minima pari alla copertura
delle spese farmaceutiche.
Ecco qual è il nostro “SOGNO” che con tutti gli abitanti del Pantanal,
vogliamo realizzare!
Noi due sogniamo ad occhi aperti perché ci é impossibile cancellare
quanto abbiamo visto e sofferto con questa gente e questi bambini
che ci chiamavano: “Tias–Titias” (zie-ziette); ci é impossibile
eliminare dalla memoria le file pazienti e interminabili che ogni
giorno si formavano davanti a quel-l’ambulatorio sprovvisto anche
dell’indispensabile dove cercavamo di fare il possibile...
Il costo preventivato per questa costruzione si aggira grosso
modo sui 50.000,00 euro, una cifra che di questi tempi fa paura
e spavento a tutti … MA ...
“Se uno sogna da solo ... il SOGNO rimane
solo un sogno, ma se molti assieme sognano la stessa cosa ...
il SOGNO diventa REALTÀ ...”
(Madre Teresa di Calcutta)
Paola
Sgaramella e Angela Brancaccio
Domenica
17 gennaio 2010 durante le Messe, la dott.ssa Sgaramella ricorderà
questa iniziativa per la quale saranno devolute le offerte raccolte
IL
CENTRO DI ASCOLTO CARITAS
“…
Le famiglie italiane delle nostre comunità e, insieme, le famiglie
immigrate che vi si inseriscono possono offrire una testimonianza
credibile e preziosa alla parola di Dio che dà la grazia e ci
sollecita a non essere più né stranieri né ospiti …” (Card. Dionigi
Tettamanzi, Lettera pastorale 2006/2007 “L’amore di Dio è in mezzo
a noi”)
Da
alcuni anni è presente nel nostro Decanato Citta’ Studi il Centro
di Ascolto Decanale (CDA), al quale si rivolgono le persone in
difficoltà per avere ascolto, condivisione, sostegno. Il compito
del Centro non si esaurisce nella relazione con le persone ascoltate,
ma presuppone una relazione con l’esterno, finalizzata non solo
a trovare risposte più giuste, ma anche a rendere la comunità
sempre più consapevole e corresponsabile in questo servizio rivolto
ai più deboli.
Un Centro di Ascolto Caritas è una delle espressioni operative
della Comunità cristiana. Intende esprimere lo spirito evangelico
della testimonianza della carità, diffondere la cultura della
solidarietà, tutelare i diritti della persona, anche la più debole
ed emarginata. L'ascolto è un bene cruciale e gioioso, perché
nella vicenda di chi è nel bisogno si riconoscono i tratti comuni
della condizione umana e si vive un momento di fraternità ritrovata.
Da sempre e specialmente con l’attuale crisi economica, tra le
richieste pervenute al Centro emerge la domanda di lavoro: non
solo da parte di italiani, ma soprattutto di stranieri venuti
in Italia con la speranza di trovare con il lavoro la possibilità
di sostenere la famiglia lontana. È a questo proposito che si
può avviare una riflessione sulle motivazioni e le modalità di
comunicazione tra il Centro e il territorio. L’allungarsi della
vita, la presenza di anziani, spesso malati e disabili, pone alle
famiglie problemi che il Centro di Ascolto può aiutare a risolvere,
mettendo in relazione chi ha bisogno di personale per l’assistenza
e chi si offre per un lavoro in questo campo.
Un Centro opera attraverso i Volontari, che accolgono con amicizia,
senza pregiudizi le persone che hanno un qualsivoglia problema,
le ascoltano, le orientano con considerazioni e suggerimenti,
se necessario le aiutano a ricercare soluzioni concrete. Il Centro
di Ascolto Decanale Città Studi ha il problema dell’insufficiente
numero dei Volontari, che non gli permette di rispondere con efficacia
alle domande del sempre crescente numero delle persone in difficoltà,
né gli consente di segnalare bastevoli opportunità aIle moltissime
persone - in prevalenza straniere - che chiedono aiuto per trovare
un lavoro, soprattutto domestico, come badanti, assistenza ad
anziani e ammalati, babysitter,colf. Quindi il Centro di Ascolto
Decanale Città Studi rivolge un appello a tutte le Persone caritatevoli
e fattive perché diano la loro disponibilità al volontariato oppure
perché solo segnalino ogni opportunità di lavoro, domestico e
non, da proporre a chi ne ha vitale necessità.
Chiediamo quindi a chi necessita di collaboratrici domestiche,
badanti, baby sitter di segnalare la sua richiesta:
- in segreteria parrocchiale (02-2365385) dal lunedì al venerdì:
ore 18-19;
- al Centro di Ascolto (320-2484932) il lunedì e il giovedì: ore
15-16;
E’
anche questo un modo di esprimere oggi la carità evangelica.
Centro di Ascolto Decanale Città Studi presso la Parrocchia Santo
Spirito Via Bassini n. 50, Milano.
Apertura: ogni giovedì, dalle ore 15 alle 18.
Cellulare del Centro 320 2484932.
In altri giorni ed orari, telefonare alle Volontarie:
Fiammetta 02 26684333, Vittoria 328 4097952, Stefania 02 70636017
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LA
SOLIDARIETÀ RENDE GRANDE LA CITTÀ
Per
la festa del patrono Sant’Ambrogio l’Arcivescovo ha rivolto il
consueto messaggio alla città. Pubblichiamo la prima parte.
Inizio
confessando il particolare amore che mi lega a questa Città, alla
mia Città. Sono sicuro che tutti voi condividete con me questo
amore, un amore segnato da gratitudine e insieme da responsabilità.
Ma quale potrà essere il nostro modo, per conservare, anzi per
arricchire la storia di questa Città? Nessuno di noi pensa che
per perpetuare nel futuro la grandezza di Milano sia sufficiente
edificare qualche monumento, questa o quell’altra infrastruttura,
abbellirla con qualche opera d’arte. Si tratta di interventi utili
ma – sappiamo - da sempre sono gli abitanti la ricchezza più grande
di una città. Mi chiedo ancora: noi stiamo portando il nostro
contributo per rendere grande Milano? “Milano con il cuore in
mano”, “solidarismo ambrosiano”: queste ed altre espressioni proverbiali,
da sole, lasciano intendere quale sia l’eredità migliore che ci
è stata consegnata: la solidarietà. Tante istituzioni caritative
ne sono una splendida testimonianza. Eroi della solidarietà dicono
di questa grandezza. Come non ricordare il beato don Carlo Gnocchi
e la Fondazione che ne porta il nome? È la pratica straordinaria
della solidarietà che ha reso grande nei secoli Milano. Ed è sulla
solidarietà che dobbiamo misurare ancora oggi l’autenticità della
grandezza della nostra Città. Spesso la solidarietà riceve un’interpretazione
semplicistica: emotivo-sentimentale nell’ambito personale, benefico-assistenziale
in quello sociale. Ma, come sottolinea la recente enciclica Caritas
in veritate di Benedetto XVI, la solidarietà esige di essere riscattata
da queste visioni parziali, affermandone il ruolo tipicamente
sociale e politico. Essa, infatti, persegue il bene non solo individuale
ma anche e specificamente comune, è del tutto inscindibile dalla
giustizia e include, pertanto, la presenza attiva e responsabile
delle stesse Istituzioni ben oltre il pur indispensabile servizio
del volontariato. La solidarietà è inseparabile dalla giustizia
e per questo ha una destinazione propriamente sociale. Alla sua
radice ci sono sempre gli altri. Sì, gli altri, perché ciascuno
di noi, lungi dall’essersi costituito da sé, è in se stesso un
dono, un essere che ha ricevuto molto dagli altri. E non c’è solo
un debito individuale, ma anche un debito comunitario, che ci
lega alle generazioni che ci hanno preceduto. Scriveva Paolo VI
nella sua famosa Enciclica sullo sviluppo dei popoli e dell’intera
umanità: «Ogni uomo è membro della società: appartiene all’umanità
intera … Eredi delle generazioni passate e beneficiari del lavoro
dei nostri contemporanei, noi abbiamo degli obblighi verso tutti,
e non possiamo disinteressarci di coloro che verranno dopo di
noi a ingrandire la cerchia della famiglia umana. La solidarietà
universale, che è un fatto, per noi è non solo un beneficio, ma
altresì un dovere» (Populorum progressio, 17). La solidarietà
riveste i tratti del dovere. È un aspetto che viene sottolineato
con forza anche dalla nostra Costituzione. Tra i “principi fondamentali”
viene affermato il profondo legame tra i “diritti inviolabili
dell’uomo” e “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale” (art. 2). È questo il grande patto
sociale che mantiene coesa una città. Qui è in gioco una virtù
cardinale, è in gioco la giustizia! La nostra Città oggi è una
città solidale, all’altezza della sua tradizione? È difficile
rispondere con poche parole. Come ogni città, anche la nostra
Milano è una città composita, dai tanti volti, dalle mille storie,
che in alcune sue parti rischia di essere costituita da isole,
da “città nella città”. Non ha un aspetto unico ed è inevitabile
che sia così per una metropoli moderna. E se la solidarietà non
è solo il dare episodico ma una tensione interiore che si esprime
in comportamenti abituali e permanenti, si fa inevitabile la domanda
se la nostra città sia veramente solidale con tutti i suoi abitanti.
Milano è solidale con i bambini e il loro futuro se, ad esempio,
sono sufficienti gli asili nido, le scuole materne, i parchi gioco.
La Città è solidale con i ragazzi se sa dare loro, insieme a un’offerta
scolastica qualificata, anche opportunità educative, culturali,
ricreative, quali momenti significativi per prevenire il disagio.
La Città è solidale con i giovani se sa farsi carico delle loro
domande e delle loro tensioni, se sa ascoltarli e guardarli con
stima, fiducia, amore sincero. Ma è solidarietà offrire ai giovani
che si affacciano al mondo del lavoro forme di impiego quasi sempre
precarie, quasi a voler approfittare della loro condizione, sfruttando
le loro necessità? La solitudine poi di tante persone manifesta
il bisogno di solidarietà. Sono sole tante famiglie, alle prese
con il peso di conflitti e violenze nascoste, con il dramma della
separazione, con i problemi economici, con la malattia di un congiunto;
sono soli tanti anziani, senza relazioni significative e prospettive
per il futuro; rischiano di essere soli gli immigrati, spesso
confinati – per chiusura o per rifiuto sociale – dentro i propri
gruppi etnici … Ma Milano offre anche molti esempi di autentica
solidarietà. Penso a tutti i lavoratori che compiono bene il proprio
dovere, con dedizione e generosità. Non sono poche le persone
che hanno come tratto distintivo della propria vita il volontariato
e nelle associazioni caritative. Voglio qui menzionare in particolare
– insieme ai benefattori – le centinaia di volontari impegnati
nel “Fondo Famiglia-Lavoro”, non solo per distribuire contributi
economici, ma soprattutto per ascoltare chi ha perso l’occupazione,
studiare con loro soluzioni per tornare a essere produttivi. Non
mancano gli imprenditori che sfidano la crisi economica affrontando
sacrifici pur di salvaguardare il posto di lavoro dei propri dipendenti
e di non far mancare il sostentamento alle famiglie; i ricercatori
che sono attivi per migliorare le cure con cui combattere la malattia.
Non manca chi progetta con intelligenza gli spazi della Città
per innalzare la qualità della vita delle persone. Come non citare
poi chi opera per migliorare le condizioni di vita degli immigrati,
chi si impegna per offrire percorsi di autentica integrazione,
per coniugare solidarietà e legalità? Mi ha colpito nei giorni
scorsi, a seguito dello sgombero di un gruppo di famiglie rom
accampate a Milano, la silenziosa mobilitazione e l’aiuto concreto
portato loro da alcune parrocchie, da tante famiglie del quartiere
preoccupate, in particolare, di salvaguardare la continuità dell’inserimento
a scuola – già da tempo avviato – dei bambini. La risposta della
Città e delle Istituzioni alla presenza dei rom non può essere
l’azione di forza, senza alternative e prospettive, senza finalità
costruttive. La Chiesa di Milano, il volontariato e altre forze
positive della Città hanno dimostrato, e rinnovano, la propria
disponibilità per costruire un percorso di integrazione. Non possiamo,
per il bene di tutta la Città, assumerci la responsabilità di
distruggere ogni volta la tela del dialogo e dell’accoglienza
nella legalità che pazientemente alcuni vogliono tessere. Sono
innumerevoli coloro che nella vita quotidiana tengono gli occhi
aperti alle necessità degli altri: attenzioni che si concretizzano
in piccoli gesti e segni di prossimità, ma che – considerati tutti
insieme – portano uno straordinario beneficio a tantissime persone
per il loro equilibrio, per il loro benessere, assorbendo tanta
fatica che, altrimenti, appesantirebbe la vita di molte persone
e della Città nel suo insieme. Senza questi “angeli” della quotidianità
la vita a Milano sarebbe per tanti sicuramente più difficile.
In questa prospettiva va promossa con decisione una “nuova solidarietà”
che assuma la forma di una vera e propria “alleanza” intesa come
incontro, dialogo, scambio d’informazioni, condivisione di interventi,
collaborazione corresponsabile tra le Istituzioni pubbliche e
le forze vive della società civile, ovviamente nel rispetto delle
diverse competenze e nel segno di una reciproca fiducia: si pensi,
in particolare, all’urgenza di una simile alleanza nei fondamentali
ambiti della scuola, del lavoro, della salute, della lotta alle
varie forme di povertà e di emarginazione sociale.
[…]
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IL
NOSTRO NATALE
Lunedì
14 - martedì 15 - mercoledì 16 - giovedì 17 ore 17.00 in Chiesa
Preghiera di preparazione al Natale per
i ragazzi del catechismo
Mercoledì
16 ore 21.00 in Chiesa parrocchiale
Concerto di Natale con il Coro Mysthère
Giovedì
17 ore 21.00 a Santo Spirito
Confessioni per i giovani
Venerdì
18 ore 18.00 a Santo Spirito
Confessioni per i ragazzi delle superiori
Sabato
19 ore 12.00
Pranzo di Natale per gli Amici Super...Anta
Sabato 19 ore 15.00
Spettacolo di canti natalizi presentato dal Coro La Brüghera
Sabato 19 ore 18.00 in Chiesa
S. Messa dei lumi (per tutti i ragazzi del catechismo)
preparazione in Oratorio dalle ore 17.30
Sabato 19 dopo la S. Messa
Cena di Natale con tutti i ragazzi delle superiori e università
Sabato 19 e domenica 20
Vendita natalizia dei prodotti del commercio equo e solidale
Lunedì
21 ore 17.00 e ore 21.00
Celebrazione del Sacramento della Penitenza con preparazione comunitaria
GIOVEDÌ 24
ORE 18.00 S. MESSA DELLA VIGILIA
ORE 23.00 VEGLIA DI NATALE CON CONCERTO
ORE 24.00 S. MESSA NELLA NOTTE SANTA
VENERDÌ
25 NATALE
Le S. Messe seguono l’orario festivo
Sabato
26 S. Stefano
Le S. Messe saranno alle ore 8.30 - 11 - 18
Domenica
27
Le S. Messe saranno alle ore 8.30 - 11 - 18
Giovedì
31 dicembre
alle ore 18.00 S. Messa con il canto del Te Deum
Venerdì
1° gennaio 2010
Le S. Messe saranno alle ore 8.30 - 11 - 18
alla S. Messa delle ore 18.00 il canto del Veni Creator
Domenica
3 gennaio
Le
S. Messe saranno alle ore 8.30 - 11 - 18
Mercoledì
6 gennaio Epifania
Le S. Messe seguono l’orario festivo
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Nella
Comunità parrocchiale:
hanno
ricevuto il Battesimo
GIULIO
FILIPPO FIORANI
GIACOMO GIOVANNI FIORANI
FRANCESCO TELLOLI
SARA CARDOSI
OLIVIA CALDI
LUDOVICA REALE
PIETRO CARLO BEVILACQUA
EDU YOHAO PERROTTA
MAURIZIO PERROTTA
LUDOVICO TIANA
BIANCA FERRARA
ARIANNA CONTE
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si
sono uniti in matrimonio
FEDERICO
COMINOTTO E CRISTINA CIOCCHETTIT
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abbiamo
affidato ai cieli nuovi e alla terra nuova
CARMEN PATELLANI (a. 88)
SERENA GUFFI (a. 82)
ARTEMIO BEDOGNI (a. 94)
ANGELO SANGUINI (a. 79)
CESARE AQUILINI (a. 78) )
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