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Come
albero
notiziario
mensile parrocchiale
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ECCE
NOMEN DOMINI
Ecce nomen Domini Emmanuel,
quod annuntiantum est per Gabriel,
hodie apparuit in Israel,
per Mariam Virginem est natus Rex.
Eia! Virgo Deum genuit, ut divina voluit clementia.
In Bethlehem natus est, et in Jerusalem visus est
Et in omnem terram honorificatus est Rex Israel.
Ecco
il nome del Signore, Emmanuele,
che è stato annunciato da Gabriele,
oggi è apparso in Israele,
dalla Vergine Maria è nato il Re.
Guardate, una vergine ha partorito un Dio,
come ha voluto la divina misericordia.
A Betlemme è nato e a Gerusalemme è stato visto
e su tutta la terra è glorificato Re di Israele.
(Tropo al Puer Natus)
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VISITARE
7.784 ABITAZIONI
Nel
mese di ottobre gentili e disponibili persone hanno visitato tutti
gli edifici della nostra parrocchia per aggiornare la mappa della
parrocchia. Là dove vi è ancora il servizio di portineria le informazioni
sono attendibili, altrimenti bisogna affidarsi ai nomi scritti
sui citofoni e qui i dati sono spesso imprecisi. L’indagine ha
dato questi risultati: la parrocchia comprenderebbe 389 edifici
per un totale di 7784 nuclei familiari.
Questo aggiornamento era necessario in vista della visita alle
famiglie che don Paolo ed io stiamo completando. Il nuovo compito
affidato dall’Arcivescovo a don Alberto come collaboratore dell’Ufficio
diocesano per i migranti, ci ha privati del suo aiuto. Per questo
non ci sarà possibile completare la visita prima di Natale: subito
dopo l’Epifania porteremo a termine questa lieta fatica. Fatica,
perché per quasi due mesi, dalle 9.30 del mattino alle 20 della
sera non abbiamo altra occupazione se non quella di salire le
scale delle nostre case. Certo ci sono gli ascensori, ma non in
tutte le case, e in alcune gli ascensori sono chiusi a chiave
e quindi…Fatica ma con qualche rara e cordiale sosta per un caffè,
un bicchier d’acqua, una tazza di tè… Ma soprattutto fatica lieta.
Diverse
le ragioni di questa letizia. La prima: in questi due mesi siamo
noi, i vostri preti, a venire verso di voi, nelle vostre case,
in tutte le case. E infatti, suoniamo a tutte le porte a meno
che un biglietto sulla porta ci inviti a passar oltre. Ho raccolto
alcuni di questi biglietti. Eccoli: “Ringraziamo per la visita
parrocchiale ma non siamo interessati. Grazie”. “No Grazie”. “Caro
don Giuseppe, purtroppo non ci trova in casa ma ci fa piacere
ricevere una sua visita. Passeremo in Chiesa per concordare delle
disponibilità condivise”. “La ringraziamo per l’importanza del
suo ‘bussare’ alle nostre porte. A presto”. “Purtroppo possiamo
arrivare solo dopo le 11.45. Se fosse possibile gradiremmo una
visita a quell’ora”. “Caro padre, volevo avvisarla che purtroppo
alle 14 durante la settimana non siamo in casa, mio marito ed
io per lavoro e nostro figlio non è ancora rientrato da scuola.
Spero che la benedizione cada comunque su questa famiglia. Le
auguriamo ogni bene”. “Grazie ma non essendo cattolica non desidero
la benedizione”. “Non posso esser presente ma desidero la benedizione”.
“Benvenuto don Giuseppe, suoni qui”. “In questa casa la benedizione
è gradita”. “Buongiorno, purtroppo non siamo in casa, Buon santo
Natale”. “Benedizione?? No, grazie”.
La
seconda ragione della mia letizia: l’accoglienza è largamente
cordiale, purtroppo gli orari di lavoro impediscono a molti l’incontro.
E davvero non vi sono orari favorevoli a tutti. Mi è capitato
di visitare qualche palazzo nel tardo pomeriggio e all’ora di
cena: anche in quell’orario diverse famiglie sono assenti. Altre
accoglievano con il profumo di una cena pronta. Ne ho approfittato
portando a casa un buon condimento di funghi! Nei miei giri visito
sempre anche gli uffici che non sono molto numerosi nel nostro
quartiere. Vi trovo sempre una simpatica accoglienza da parte
di persone per lo più giovani. Con una eccezione: una signora
durante la benedizione resta seduta al suo posto e mi chiede con
poco garbo di ritornare nel periodo pasquale. Infatti non vuole
la benedizione secondo il rito ambrosiano e quindi nel tempo prenatalizio!!!
Negli Uffici ho raccolto tante preoccupazioni per il lavoro che
è decisamente scarso, ma ancor più grave la mancanza di liquidità,
l’insolvenza dei debitori. Un’altra richiesta mi è arrivata da
una signora che voleva l’uso dell’incenso che fa tanto atmosfera…
Mi pare francamente difficile girare le strade e le case portando
turibolo e incenso… Bisognerebbe ripristinare i chierichetti:
diverse persone si meravigliano di vedermi arrivare da solo. Allora
spiego che questa mia scelta deriva dal desiderio di favorire
un eventuale pur breve dialogo con chi mi accoglie nella sua casa.
Fatica
lieta anche se talvolta la benedizione è accompagnata dalle lacrime
nel ricordo di persone care defunte, oppure da una domanda, da
una confidenza; situazioni che richiedono grande riserbo. Purtroppo
non è possibile sostare a lungo, ma qualche volta si intuisce
il desiderio di parlare, raccontare. E allora si può prendere
un po’ di tempo per raccogliere la confidenza o per ascoltare
parole di dissenso e di critica. I problemi creati dalla crisi
economica segnano la vita di tante famiglie: figli che non hanno
lavoro e non possono fare progetti per il loro futuro. Ho incontrato
giovani bocconiani con titoli di studio di buon profilo che stentano
a trovare occupazione.
Ogni
sera torno a casa portando un carico di sofferenza per gravi problemi
di salute: quante persone mi chiedono di pregare per loro e per
persone care gravemente malate. Qualcuno si informa sulle mie
condizioni di salute: trovo uomini che hanno avuto il mio stesso
problema e si informano su come me la cavo dopo l’intervento chirurgico.
Altri che sanno del mio problema con la protesi dell’anca mi raccomandano
il loro chirurgo o l’Ospedale che li ha curati. Insomma, una bella
solidarietà creata da qualche malanno condiviso. Mentre sta per
concludersi questa mia quarta visita alle famiglie della nostra
parrocchia sono sempre più persuaso della importanza di questo
nostro entrare nelle case della parrocchia. L’impressione complessiva
che ricavo è positiva: rari i casi di completa solitudine: i figli
e i parenti sono vicini agli anziani, molte le situazioni assistite
da personale proveniente dai Paesi dell’Est, da Sri Lanka, dalle
Filippine o dall’America del sud: quanta riconoscenza dobbiamo
a queste persone che lasciano le loro famiglie per lavorare qui
da noi prendendosi cura dei ‘nostri Vecchi’.
Questo
sguardo alla nostra comunità dovrebbe farsi ancora più accurata
per conoscere meglio la varietà di questa nostra comunità, i suoi
bisogni, le sue risorse. Vorrò coinvolgere il nostro Consiglio
pastorale perché questa esperienza prenatalizia sia sempre più
accurata e fruttuosa. Ogni sera, rientrando in casa, stanco ma
felice, ringrazio per questa lieta fatica.
don
Giuseppe
Ringraziamo
di cuore per l’accoglienza
che ci avete riservato
durante la visita nelle vostre abitazioni
per la benedizione natalizia.
Dopo l’Epifania, passeremo nelle case
che non abbiamo visitato prima di Natale.
Saremo lieti di ritornare nelle case
di chi, assente, non ha potuto ricevere la benedizione. Telefonate
in ufficio parrocchiale
per concordare data e orario.
don
Giuseppe e don Paolo
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VENERDÌ
11 GENNAIO ALLE ORE 21
PRIMO INCONTRO DEL
PERCORSO DI PREPARAZIONE
AL MATRIMONIO
Per informazioni e iscrizioni
rivolgersi in Segreteria parrocchiale
dal lunedì al venerdì dalle ore 9.30 alle 12.30
DIALOGO:
NELLA CHIESA E CON IL MONDO
Riportiamo il testo dell'intervento
di ENZO BIANCHI per la Cattedra del Concilio.
Il testo, trascritto dal sig. Bruno Natali, che ringraziamo, non
è stato rivisto dall’Autore.
Vi
dico la mia gioia nel tornare qui dopo un po’ di anni, ma non
dimentico tutte le volte che son venuto, come non dimentico l’amicizia
che tutt’ora vivo con il vostro don Angelo Casati. L’insistenza
del vostro parroco attuale don Giuseppe, che conosco anche lui
da tanto tempo, mi ha portato qui a parlarvi del Concilio e spero
questa sera di poter dare un contributo nella memoria di questo
evento che certamente ha determinato la vita di tanti di noi e
vorremmo che ancora fosse capace di plasmare il volto delle comunità
cristiane e di tutta la Chiesa. Permettetemi anche di salutare
don Giovanni Barbareschi, ero un ragazzino quando ha avuto il
coraggio di chiamarmi all’Alpe di Motta per una conferenza, 40
anni fa. Per la fiducia che ha avuto in me ventenne, Lo voglio
ringraziare.
DIALOGO
NELLA CHIESA
Non dobbiamo dimenticarlo: la Chiesa da due secoli era chiusa
in una posizione difensiva, arroccata in una cittadella assediata
dalla modernità e dal pensiero che era scaturito soprattutto dall’illuminismo,
dalla rivoluzione francese e poi dalle ideologie umanistiche del
Ventesimo secolo. Una Chiesa assediata, una Chiesa che non dialogava,
una Chiesa che si esprimeva in posizioni non solo difensive ma
anche di attacco verso la modernità. Il Concilio volle voltare
pagina aprendo la Chiesa al dialogo. Ricordiamo un’immagine straordinaria
offerta da Papa Giovanni: un Cardinale entra dal Papa e gli chiede:
«Mi dica, Santità, perché ha voluto il Concilio?». Il Papa fa
solo un gesto: apre la finestra e dice: «È tempo di aprire le
finestre». Immagine straordinaria, uscire dal chiuso, uscire da
una posizione in cui non c’è apertura per istaurare il dialogo.
Ora è molto importante che quando noi parliamo di dialogo non
ne parliamo semplicemente come di una prassi umana necessaria,
ma come qualcosa che discende da Cristo, perché Cristo non è altro
che il dialogo tra Dio e l’umanità. È il Dio fatto uomo, è la
parola fatta carne, è colui che ha messo in comunione l’umanità
e Dio. Ecco, il dialogo non è una prassi umana, ma sta al centro
della nostra fede cristiana. E allora il primo punto sul quale
voglio sostare è vedere la Chiesa costitutivamente dialogica.
Il dialogo è costitutivo del nostro essere cristiani, è costitutivo
dell’essere della Chiesa. Noi chiamati a un dialogo con Dio e
a un dialogo anche con gli altri uomini. Il dialogo non è dunque
per la Chiesa un’opzione che può assumere o rifiutare, non è un
atteggiamento che dipende dalla moda o dalle conquiste culturali
degli uomini, è semplicemente la postura della Chiesa, la maniera
di essere fedele al suo Signore e di stare in mezzo agli uomini
e alle donne nella storia.
Il
dialogo: non è un caso che la Chiesa abbia saputo subito dialogare
con quel mondo ostile che era l’Impero Romano, in un’epoca di
persecuzione. In quei primi tre secoli i cristiani hanno dialogato
coi cittadini dell’impero che erano pagani e che erano ostili.
I cristiani hanno dialogato con la cultura filosofica pagana,
con le diverse genti del Mediterraneo.E gli scritti degli apologeti
come Giustino, dei Padri della Chiesa come Clemente d’Alessandria,
Origene, Basilio ne danno testimonianza. I cristiani si mostravano
in quei secoli cittadini leali verso l’autorità, pregavano per
l’autorità politica romana, si sottomettevano alle leggi, cercavano
di vivere in pace con tutti. Certamente il culto lo davano soltanto
a Dio e non davano l’adorazione all’Imperatore e per questo erano
perseguitati, verso di loro regnava una gran diffidenza e tuttavia
essi tentavano sempre di mostrare una grande capacità di ascolto,
di dialogo verso il mondo circostante. Così si esprime un testo
del II secolo di un anonimo cristiano indirizzato a un certo Diogneto:
«I cristiani non si distinguono dagli altri uomini, né per territorio,
né per lingua, neppure per i vestiti, non abitano dei quartieri
propri, non usano una lingua particolare, hanno uno stile di vita,
a detta di tutti, paradossale». Troviamo in questo testo una grande
simpatia per l’umanità, una grande fedeltà alla Terra, una visione
positiva del mondo che ci lascia sorpresi, perché si era in un
tempo di persecuzione.
Ma
dobbiamo confessare che successivamente, dalla fine del IV secolo,
questo atteggiamento è smentito dagli stessi cristiani e la Chiesa
non è più luogo di dialogo. Inizia una difesa della verità cristiana
che porta nel 372 l’Imperatore Teodosio a legiferare contro quelli
che restavano pagani e a perseguitare quanti non si convertivano
al cristianesimo. Nei secoli successivi l’inimicizia verso gli
ebrei, la “caccia” delle eresie hanno fatto sì che la Chiesa non
mostrasse mai un volto di dialogo. Invece del dialogo, dobbiamo
dirlo, abbiamo praticato l’esclusione e, soprattutto nella difesa
della verità, come ha affermato con coraggio il papa Giovanni
Paolo II durante il Giubileo del Duemila: «i cristiani hanno assunto
metodi in contraddizione con la verità di Cristo e con lo spirito
del Vangelo, sono giunti a perseguitare gli altri, l’altro, chiunque
mostrasse una diversità di opinioni, di etica e di fede ha avuto
da parte della Chiesa non un dialogo, ma l’esclusione, la scomunica,
la persecuzione».
Papa
Giovanni XXIII fece nuovamente del dialogo l’atteggiamento della
Chiesa. Cominciò col benedire gli Ebrei, ricordiamo questo gesto
mentre passava davanti allo loro sinagoga il giorno di sabato,
dopo sedici secoli di disprezzo antigiudaico. Osò invitare i cristiani,
allora si chiamavano fratelli separati, al Concilio e volle il
dialogo con tutti gli uomini non cristiani, appartenenti alle
altre religioni, addirittura quelli non credenti, gli atei. Al
dialogo Paolo VI ha dedicato la sua prima Lettera enciclica: Ecclesiam
suam. Mi limito ad una brevissima citazione: «Noi daremo a questo
impulso interiore di carità, che diventa dono di carità, il nome
del dialogo. La Chiesa deve diventare dialogo, dialogo con il
mondo in cui si trova a vivere. Per questo la Chiesa si fa parola,
la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa colloquio, la Chiesa
si fa dialogo ancor prima di convertire il mondo bisogna ascoltare
il mondo, parlare al mondo. L’origine del dialogo si trova nell’intenzione
stessa di Dio che è venuto tra di noi in Gesù Cristo. Il dialogo
deve ricominciare ogni giorno e da noi prima che da quelli ai
quali rivolgiamo il dialogo». All’interno della Chiesa il dialogo
è finalizzato alla comunione. La Chiesa è comunione, la Chiesa
è immagine della tri-unità di Dio, che è comunione, comunione
e attenzione nella pluralità, nella diversità seppur nell’unità
divina. Per sintetizzare l’insegnamento del Vaticano II al riguardo,
si giunge addirittura a parlare di ecclesiologia di comunione
e se Paolo VI, fedele ermeneuta del Concilio, ha parlato di Chiesa
che si fa dialogo, Giovanni Paolo II ha indicato la comunione
come il frutto del dialogo nella Chiesa. Egli ha ricordato che
il compito dei cristiani è quello della comunione che incarna
e manifesta l’essenza stessa del mistero della Chiesa. Questo
esige da parte di tutti un impegno concreto contro gli individualismi,
contro le spinte centrifughe che dissolvono la Chiesa e contro
le logiche ispirate a preferenze di persona.
Oggi
purtroppo viviamo in una stagione in cui nella Chiesa regna la
conflittualità perché è avvenuta una polarizzazione tra posizioni
che non si ascoltano e non dialogano tra loro. Questa non è la
strada invocata dal Concilio, neanche certamente la strada che
secondo il Vangelo dobbiamo percorrere e così oggi manca una opinione
pubblica nella Chiesa, perché l’ascolto reciproco non è praticato,
perché lo scambio e il confronto sono temuti, visti con diffidenza.
Certo ascoltarsi è faticoso, il confronto richiede pazienza, ma
senza questa reciprocità dell’ascolto, senza la logica del fare
insieme le cose e non gli uni contro gli altri, non si fa comunione.
La Chiesa non è opera di singoli, neppure di leader carismatici
e neanche di movimenti; la Chiesa è un camminare insieme, è sinodalità:
Papa, vescovi, presbiteri e fedeli, tutti impegnati a riconoscere
e vivere la comunione nell’unico corpo di Cristo. Sinodalità,
camminare insieme, ascoltando tutti, dal più piccolo al più grande
secondo l’antico principio che è stato inventato dalla Chiesa:
sulle decisioni che riguardano tutti, tutti devono essere ascoltati.
Così la Chiesa diventa una casa di comunione e solo cosi potrà
essere per gli uomini scuola di comunione.
DIALOGO
CON LA SOCIETÀ
A noi cristiani che abbiamo avuto verso la società una posizione
difensiva, a noi che abbiamo sovente visto in che era fuori dalla
Chiesa l’insidioso nemico, a noi che abbiamo vissuto in contrapposizione
al mondo, il Concilio ha chiesto di guardare al mondo, all’umanità
con simpatia. Ci sono parole di Paolo VI che non posso dimenticare:
«Noi guardiamo al mondo con immensa simpatia, e se anche il mondo
si sente estraneo al cristianesimo, se anche il mondo non guarda
a noi, noi continuiamo ad amare il mondo, perché noi cristiani
non possiamo sentirci estranei al mondo». Noi cristiani siamo
chiamati a vivere nella compagnia degli uomini, la nostra polis
è quella degli altri uomini, delle altre donne, diversi per cultura,
fede, appartenenza etnica, lingua e anche codice morale.
La
tentazione è quella di chiuderci, di sentirsi umiliati e di lasciarci
prendere dalla paura e dall’angoscia, che sono sempre cattive
consigliere. Ci possiamo certo chiedere: ci sarà un domani per
noi cristiani, nelle nostre terre di antica cristianità? Che ne
sarà delle nostre chiese? Saremo ridotti a dei movimenti culturali,
segni di un passato glorioso? L’attuale secolarizzazione, la presenza
crescente di altre religioni contraddirà la nostra fede? Il Signore
ci ha chiesto di non temere e, quando ha usato questa espressione
verso tutti i discepoli, ha detto «non temere piccolo gregge».
Importante per noi è di restare fedeli al Signore: se saremo significativi,
se saremo sale della terra, saremo anche luce del mondo, ci ha
promesso Gesù. Per questo occorrono dei cristiani fedeli alla
Terra, cristiani che lavorano per una migliore convivenza, a servizio
di tutti. Dialogare con il mondo attuale non è dissoluzione del
cristianesimo nel mondo, non è neanche una mondanizzazione della
Chiesa, ma è ascolto di una umanità che è sempre in ricerca, soprattutto
l’umanità attuale che è bisognosa di senso.
Allora
ascoltare gli uomini di oggi, le loro gioie, le loro sofferenze,
le loro fatiche, le loro speranze è un compito che la Chiesa a
immagine di Gesù deve assolutamente vivere. Ascoltare gli uomini
di oggi per poter parlare loro, per un colloquio in cui sia possibile
rispondere alla loro attese, che magari sono confuse, ma che sono
presenti nel loro cuore. Non è vero che gli uomini sono refrattari
al cristianesimo, oggi magari sono indifferenti al discorso su
Dio, soprattutto le nuove generazioni sentono il termine Dio come
abusato, non interessante, legato alla violenza, agli integralismi,
ai fondamentalismi, addirittura al terrorismo. La Chiesa certamente
non è in questo momento un’attrattiva per le nuove generazioni
e anche per le nostre generazioni. Joseph Ratzinger diceva nel
2003, che la Chiesa è diventata per molti l’ostacolo principale
alla fede! Ma noi sappiamo far vedere Gesù? Sappiamo raccontare
Gesù? Sappiamo annunciarlo con la nostra vita, con le nostre azioni,
il nostro comportamento, prima che con le nostre parole? Perché
per noi cristiani ciò che è determinate è Gesù, non è Dio. Dio
lo si scopre tramite Gesù, perché è Gesù colui che ci ha raccontato
Dio, è colui che ci ha raccontato il Padre e Gesù ha detto: ormai
nessuno può andare a Dio se non attraverso di me. La nostra fede
non è in concorrenza con i monoteismi ebraici o islamici; c’è
una irriducibile differenza che è Gesù Cristo e Gesù è veramente
colui che ci dà una speranza, che ci dà un esempio di una vita
umana spesa al servizio degli altri, una vita vissuta nell’amore
fino all’estremo.
Allora
cosa ci attende nel dialogo col mondo? Ci attende di assumere
l’umiltà, la semplicità, di non confidare nelle ricchezze o nei
grandi mezzi, ma di confidare in Gesù. Come dice un bel testo
della Costituzione pastorale Gaudium et spes: «La Chiesa non pone
speranza nei privilegi offerti dalle autorità politiche, anzi,
la Chiesa rinuncia all’esercizio di certi diritti legittimamente
acquisiti, dove constata che l’uso di questi diritti può far dubitare
della sincerità della sua testimonianza. La Chiesa predicherà
la fede utilizzando solo quei mezzi che sono conformi al Vangelo
e in armonia col bene di tutti e diffiderà dell’aiuto che viene
dai potenti». Così si dialoga con il mondo. Il Concilio ci propone
una Chiesa che si fa povera per dialogare con gli uomini, una
Chiesa che confida solo nel Signore, una Chiesa che non confida
in mezzi mondani. Lo stile del dialogo si mostra proprio anche
in questo, mitezza, mansuetudine, semplicità di mezzi. Solo così
è Chiesa di Cristo, serva degli uomini e di Dio, come Gesù lo
è stato. Una semplice conclusione: che cosa attendono da noi gli
altri uomini? Attendono persone che siano capaci di incontrarli,
di ascoltarli, di dialogare con loro e se saremo capaci di questo
potremo generare negli altri fiducia e speranza. Allora può anche
darsi che ci chiedano ragione di questa differenza cristiana che
ci segna, ci contraddistingue e ci rende affidabili. Non preoccupatevi
di nulla di più, dall’ascolto dell’altro nasce la conoscenza,
dalla conoscenza nasce l’amore per l’altro.
L’umanizzazione
avviene così, ma anche il cristianesimo si dilata così, grazie
al dialogo le vie divergenti diventano complementari, verità nascoste
in ciascuno emergono a istruzione dell’altro e dove non regna
più l’ignoranza l’uno dell’altro, ma la parola scambiata, lì sono
possibili il rispetto, la libertà, l’amore. Vivere così nella
città significa edificare la Chiesa nella città, significa accrescere
la fede e lo Spirito Santo allora si può rallegrare, mentre gli
uomini trovano più ragioni per credere all’amore perché ciò che
infatti è decisivo, e lo dice Giovanni l’apostolo nella sua prima
lettera, è credere all’amore e noi cristiani siamo cristiani se
crediamo all’amore e se aiutiamo gli altri a credere all’amore
e questo avviene solo con il dialogo.
TERZO
INCONTRO
DELLA CATTEDRA DEL CONCILIO
nell’Anno della Fede
nella memoria del card. Martini
15 gennaio 2013
Chi è la Chiesa?
card. Angelo Scola
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SEMPLICITÀ
DEL NATALE
Il
presepio è qualcosa di molto semplice, che tutti i bambini capiscono.
È composto magari di molte figurine disparate, di diversa grandezza
e misura: ma l'essenziale è che tutti in qualche modo tendono
e guardano allo stesso punto, alla capanna dove Maria e Giuseppe,
con il bue e l'asino, attendono la nascita di Gesù o lo adorano
nei primi momenti dopo la sua nascita.
Come il presepio, tutto il mistero del Natale, della nascita di
Gesù a Betlemme, è estremamente semplice, e per questo è accompagnato
dalla povertà e dalla gioia. Non è facile spiegare razionalmente
come le tre cose stiano insieme. Ma cerchiamo di provarci.
Il mistero del Natale è certamente un mistero di povertà e di
impoverimento: Cristo, da ricco che era, si fece povero per noi,
per farsi simile a noi, per amore nostro e soprattutto per amore
dei più poveri.
utto qui è povero, semplice e umile, e per questo non è difficile
da comprendere per chi hal’occhio della fede: la fede del bambino,
a cui appartiene il Regno dei cieli. Come ha detto Gesù: «Se il
tuo occhio è semplice anche il tuo corpo è tutto nella luce» (Mt
6, 22). La semplicità della fede illumina tutta la vita e ci fa
accettare con docilità le grandi cose di Dio. La fede nasce dall’amore,
è la nuova capacità di sguardo che viene dal sentirsi molto amati
da Dio.
Il
frutto di tutto ciò si ha nella parola dell’evangelista Giovanni
nella sua prima lettera, quando descrive quella che è stata l'esperienza
di Maria e di Giuseppe nel presepio: «Abbiamo veduto con i nostri
occhi, abbiamo contemplato, toccato con le nostre mani il Verbo
della vita, perché la vita si è fatta visibile». E tutto questo
è avvenuto perché la nostra gioia sia perfetta. Tutto è dunque
per la nostra gioia, per una gioia piena. Questa gioia non era
solo dei contemporanei di Gesù, ma anche nostra: anche oggi questo
Verbo della vita si rende visibile e tangibile nella nostra vita
quotidiana, nel prossimo da amare, nella via della Croce, nella
preghiera e nell’eucarestia, in particolare nell’eucarestia di
Natale, e ci riempie di gioia. Povertà, semplicità, gioia: sono
parole semplicissime, elementari, ma di cui abbiamo paura e quasi
vergogna. Ci sembra che la gioia perfetta non vada bene, perché
sono sempre tante le cose per cui preoccuparsi, sono tante le
situazioni sbagliate, ingiuste. Come potremmo di fronte a ciò
godere di vera gioia? Ma anche la semplicità non va bene, perché
sono anche tante le cose di cui diffidare, le cose complicate,
difficili da capire, sono tanti gli enigmi della vita: come potremmo
di fronte a tutto ciò godere del dono della semplicità? E la povertà
non è forse una condizione da combattere e da estirpare dalla
terra?
Ma
gioia profonda non vuol dire non condividere il dolore per l'ingiustizia,
per la fame del mondo, per le tante sofferenze delle persone.
Vuol dire semplicemente fidarsi di Dio, sapere che Dio sa tutte
queste cose, che ha cura di noi e che susciterà in noi e negli
altri quei doni che la storia richiede. Ed è così che nasce lo
spirito di povertà: nel fidarsi in tutto di Dio. In Lui noi possiamo
godere di una gioia piena, perché abbiamo toccato il Verbo della
vita che risana ogni malattia, povertà, ingiustizia e morte. Se
tutto è in qualche modo così semplice, deve poter essere semplice
anche il crederci. Sentiamo spesso dire oggi che credere è difficile
in un mondo così, che la fede rischia di naufragare nel mare dell'indifferenza
e del relativismo odierno o di essere emarginata dai grandi discorsi
scientifici sull'uomo e sul cosmo. Non si può negare che può essere
oggi più laborioso mostrare con argomenti razionali la possibilità
di credere, in un mondo così. Giustamente noi cerchiamo di approfondire
il mistero della fede, cerchiamo di leggerlo in tutte le pagine
della Scrittura, lo abbiamo declinato lungo vie talora tortuose.
Ma la fede, ripeto, è semplice, è un atto di abbandono, di fiducia,
e dobbiamo ritrovare questa semplicità. Essa illumina tutte le
cose e permette di affrontare la complessità della vita senza
troppe preoccupazioni o paure. Per credere non si richiede molto.
Ci vuole il dono dello Spirito Santo che egli non fa mancare ai
nostri cuori e da parte nostra occorre fare attenzione a pochi
segni ben collocati. (…).
Talora
noi siamo alla ricerca di segni complicati, e va anche bene. Ma
può bastare poco per credere se il cuore è disponibile e se si
dà ascolto allo Spirito che infonde fiducia e gioia nel credere,
senso di soddisfazione e di pienezza. Se siamo così semplici e
disponibili alla grazia, entriamo nel numero di coloro cui è donato
di proclamare quelle verità essenziali che illuminano l’esistenza
e ci permettono di toccare con mano il mistero manifestato dal
Verbo fatto carne. Sperimentiamo come la gioia perfetta è possibile
anche in questo mondo, nonostante le sofferenze e i dolori di
ogni giorno. card. Carlo Maria Martini, Gerusalemme, dicembre
2006
VENERDÌ
8 MARZO ALLE ORE 21
PRIMO INCONTRO DEL
PERCORSO DI PREPARAZIONE
ALLA CRESIMA PER ADULTI
Per informazioni e iscrizioni
rivolgersi in Segreteria parrocchiale
dal lunedì al venerdì dalle ore 9.30 alle 12.30
ECHI
DALLA SCUOLA DELLA PAROLA DECANALE ADOLESCENTI
Poiché
ad Ottobre si è aperto l’Anno della Fede, insieme con don Paolo
e con gli educatori delle altre parrocchie abbiamo pensato di
dedicare due incontri decanali per gli adolescenti al tema della
fede. Così abbiamo parlato della “fede come fiducia” e della “fede
come rapporto”, sottolineando come tutti hanno fede in qualcosa,
ma l’aspetto della fiducia è quel “di più” che ti permette di
andare avanti anche nelle difficoltà. E ricordando che al centro
della fede c’è una relazione, un rapporto appunto, che è quello
con Gesù. Spesso si dice che ai più giovani il discorso della
fede non interessa o che ciò è vissuto in modo superficiale. Eppure
in questi primi mesi dell’anno e in particolare con questa scuola
della Parola possiamo testimoniare l’esatto contrario! A dircelo
sono i ragazzi, che dalla Parola hanno tratto spunti, domande
e riflessioni. In modo semplice ci hanno comunicato la profondità
delle loro attese, delle inquietudini, del desiderio di affidarsi
con più fiducia e autenticità.
Ecco
alcune delle loro preghiere:
“Ti preghiamo Signore, aiutaci a saperci affidare a Te perché
possiamo capire quali siano le cose veramente importanti nella
nostra vita.”
“Dio, noi ti preghiamo perché tu possa mostrarti a noi. Rendici
capaci di vederti in ogni tua manifestazione, affinché tu possa
aiutarci a non allontanarci da Te.”
“Signore, sei tu che stai alla porta e bussi, però sei anche Tu
che ci dai la libertà di scegliere se bussare e entrare. Aiutaci
a non rimanere sulla soglia”
Ecco
perché le pubblichiamo: per pregare per loro con le loro stesse
parole, avendo a cuore “gli stessi sentimenti” e per sentirci
“un solo corpo e un solo Spirito” come dice l’apostolo Paolo.
Gli
educatori adolescenti.
INVITIAMO
LE PERSONE SOLE
A CONDIVIDERE IL PRANZO DI NATALE
IN PARROCCHIA ALLE ORE 12.30
Adesioni in ufficio parrocchiale
entro venerdì 21
IL
NOSTRO NATALE
Sabato
15 dicembre ore 17,30
Per i ragazzi ritrovo in oratorio
ORE 18.00 S. MESSA DEI LUMI
Lunedì
17 dicembre ore 19,30
Cena e preghiera di Natale per tutti i ragazzi delle medie, superiori
e università
Lunedì
17 - martedì 18 – mercoledì 19 - giovedì 20 dicembre ore 17.00
in Chiesa
Preghiera di preparazione al Natale per i ragazzi del catechismo
L’oratorio
rimarrà chiuso dal 22 dicembre al 6 gennaio inclusi
SABATO
22 dicembre
Dalle
ore 16 alle 18 i sacerdoti sono disponibili per le confessioni
LUNEDÌ
24 dicembre
Dalle ore 9.30 alle 12 e dalle 16 alle 18
i sacerdoti sono disponibili per le confessioni
ORE 18.00 S. MESSA DELLA VIGILIA
ORE 23.30 VEGLIA DI NATALE CON CONCERTO
ORE 24.00 S. MESSA NELLA NOTTE SANTA
SEGUIRÀ IN ORATORIO LO SCAMBIO DEGLI AUGURI
MARTEDÌ
25 DICEMBRE NATALE
Le S. Messe seguono l’orario festivo
MERCOLEDÌ
26 dicembre S. Stefano
Le S. Messe saranno alle ore 8.30 - 11 - 18
Le
S.Messe feriali seguono l’orario consueto
DOMENICA
30 dicembre
Le
S. Messe saranno alle ore 8.30 - 11 - 18
LUNEDÌ
31 dicembre alle ore 18.00
S. Messa con il canto del Te Deum
MARTEDÌ
1° gennaio 2013
Le S. Messe saranno alle ore 8.30 - 11 - 18
alla S. Messa delle ore 18.00 il canto del Veni Creator
DOMENICA
6 gennaio Epifania
Si riprende il consueto orario festivo: 8,30 - 10 - 11 - 12 -
18
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Nella
Comunità parrocchiale:
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hanno
ricevuto il battesimo
LISA
BOLOGNA
BEATRICE GARAVAGLIA
LAVINIA LAGATTOLLA
LEONARDO FINETTI
VIOLANTE LAURA TURA
abbiamo
affidato ai cieli nuovi e alla terra nuova
ANGIOLA
MARIA AZRIA (a. 82)
EUGENIO MARCASSOLI (a. 91)
GIUSEPPE FAROLDI (a. 87)
LUCIANA PRESTINARI (a. 88)
CARLO ALBERTO POZZO (a. 84)
LIA PIROLA (a. 89)
GIAN FRANCO ERCOLE SCIANCA (a. 68)
GIORGIO VIGNATI (a. 87)
NUNZIA PATANÈ (a. 89)
GIACOMO CERLETTI (a. 72)
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