CHI
È LA CHIESA
Lezione
dell’Arcivescovo Cardinale Angelo Scola per la Cattedra del Concilio
martedì 15 gennaio. La trascrizione della registrazione non è
stata rivista dall’Autore.
Sono
molto grato a don Giuseppe di questo invito e sono particolarmente
lieto di essere stato costretto a rileggere un’altra volta la
Costituzione conciliare sulla Chiesa Lumen gentium in vista di
questo nostro incontro. Questa non è la lezione di un professore,
è una conversazione che io apro con voi in quanto vostro arcivescovo
e vi prego quindi di accettarla così nella sua semplicità e di
coglierla come un’occasione per ritornare personalmente su questo
grande avvenimento. Voglio anche dire che sono contento di essere
qui per l’amicizia che da tanti anni mi lega a don Giuseppe, che
noi chiamavamo familiarmente Pucci, abbiamo lavorato insieme alla
rivista Communio, abbiamo avuto modo di conoscerci e di stringere
amicizia e attraverso di lui con suo fratello il vescovo di Lugano
ed è anche una gioia intensissima ritrovare qui don Giovanni Barbareschi
che nella mia giovinezza ha rappresentato un punto di riferimento.
Mi ricordo che all’inizio della Gioventù studentesca di Lecco
lo invitammo – avevo 17 anni – per un dialogo sull’affettività,
sul rapporto ragazzi/ragazze che allora era un tema dirompente,
e trovare un prete in grado di parlarne era proprio difficile.
Lui ne parlò in modo veramente affascinante e diritto; spero ci
siano tanti sacerdoti capaci di fare così anche oggi. Sempre,
nella vita, è la trama dei rapporti che ti conduce anche nella
differenza delle opinioni che, nella Chiesa, se viviamo l’unità,
diventa una ricchezza come ci ha insegnato il Concilio definendo
il metodo della comunione come il metodo della pluriformità nell’unità.
La trama dei rapporti è ciò che consente un’intelligenza più acuta
delle cose. Tra le 1100 parrocchie della Diocesi ho scelto di
venire qui in forza di questi rapporti che ci legano. Questo ci
deve fare riflettere sulla comunione della Chiesa che deve essere
aperta a 360 gradi a tutti, ma passa attraverso la via della prossimità.
Per
rispondere alla domanda “Chi è la Chiesa?” nel contesto di questi
50 anni dalla apertura del Concilio voglio incominciare offrendovi
tre chiavi di lettura che ci permettono di affrontare l’avvenimento
del concilio e i suoi testi in maniera adeguata.
LA PRIMA: tutti gli avvenimenti precedenti l’assise conciliare,
compresi i fattori di rinnovamento che erano in atto nella Chiesa
dalla fine del secolo precedente, non sono in grado di spiegare
in modo esauriente la decisione di Giovanni XXIII. Occorre una
interpretazione adeguata della storia che consiste nel riconoscimento
che la storia della Chiesa non è una pura storia positiva, non
è un mettere in ordine dei fatti, interpretandoli attraverso l’ausilio
dei documenti. La storia della Chiesa non è solo questo, ha anche
una dimensione teologica perché descrive il pellegrinaggio del
popolo di Dio attraverso i secoli, verso la patria celeste e ha
come protagonista il Padre che chiama gli uomini in Gesù e per
la potenza dello Spirito Santo li rende co-agonisti nella storia.
L’ispirazione che condusse Giovanni XXIII ad annunciare il concilio
ai cardinali che rimasero sorpresi, ha avuto certo degli antefatti
storici ma è stata un’ispirazione donata al successore di Pietro
da Colui che ultimamente guida la storia e che ancora oggi costruisce
il corpo ecclesiale nel quale Gesù è a noi contemporaneo.
Noi non possiamo tornare all’avvenimento del concilio e ai suoi
testi soltanto attraverso la ricostruzione dei fatti storici.
Dobbiamo sempre ammettere la presenza dello Spirito santo che
dà alla storia della Chiesa una dimensione anche teologica.
LA SECONDA chiave di lettura è capire bene l’indole pastorale
del concilio. Non è cosa sufficientemente chiara purtroppo anche
tra i teologi. Papa Roncalli che era attento alla natura pastorale
della Chiesa la intendeva in modo molto preciso come la missione
storico-salvifica della Chiesa. La pastorale non è la traduzione
pratica di una dottrina ma è la modalità con cui la vita della
Chiesa porta la salvezza che Cristo ha operato sulla soglia del
mio cuore, sulla soglia della sua comunità. Pastorale significa
storico- salvifico. È l’esperienza che facciamo della vita ecclesiale,
per voi nella vostra parrocchia, in tutta la sua ricchezza. Quindi
l’indole pastorale mostra che la Chiesa è una realtà in forma
di ellisse, costituita da due fuochi. Come l’ellisse la Chiesa
è una realtà eccentrica perché non ha un solo centro ma due: vive
la relazione costitutiva a Cristo e alla sua missione e la relazione
al mondo. La pastoralità indica questa natura della Chiesa vivente
che noi stessi siamo chiamati ad attuare.
Non c‘è opposizione tra dottrinale e pastorale. Ciò che è autenticamente
dottrinale deve essere storico- salvifico, deve essere pastorale,
deve riprodurre questa natura “eccentrica” della Chiesa altrimenti
è una dottrina astratta che non incide sulla vita. E l’uomo non
procede prima imparando e poi applicando. Noi siamo gettati nell’esistenza
e così nascono le prime domande alle quali poi si cerca di dare
delle risposte organiche e sistematiche. Pastorale significa che
la Chiesa essendo strutturalmente eccentrica è sempre essenzialmente
missionaria. Questo significa che non si può annunciare il vangelo
senza farsi carico del destinatario. Il destinatario è sempre
in gioco. Chiunque esso sia, perché Gesù è venuto per tutti.
LA TERZA chiave: è impossibile separare l’avvenimento del concilio
dal complesso di tutti i documenti che ha prodotto, come si cerca
di fare quando si dice: «Non conta la lettera del concilio, conta
lo spirito» oppure «tutto ciò che non è detto alla lettera è come
se non avesse forza di avvenimento». Questa tentazione viene e
dai progressisti che esaltano l’evento e da certi conservatori
per i quali l’evento non conta più, conta solo il testo scritto,
confrontato con quello che è stato o non è stato detto prima.
Passiamo ora alla Costituzione Lumen Gentium, il testo fondamentale
sulla Chiesa decisiva è la domanda: Chiesa, che cosa dici di te
stessa? È vero che in un certo senso il concilio è attraversato
da un continuo ritorno sulla natura e sul compito della Chiesa.
La Chiesa nel Concilio Vaticano II ha rinnovato la sua autocoscienza,
ha preso coscienza di sé, senza per questo ridurre il Vaticano
II a un puro concilio ecclesiologico.
L’insegnamento conciliare ha fatto proprio il risveglio ecclesiologico
che precedette il Vaticano II: i grandi movimenti liturgico, biblico,
ecumenico, la nascita dell’apostolato dei laici, verso la fine
dell’800, in termini diversi rispetto alla modalità di impegno
da parte delle antiche confraternite, e in un certo senso concentra
tutto questo in quello che potremmo chiamare un risveglio dell’autocoscienza
della Chiesa e lo fa proponendo due concentrazioni della coscienza
che la Chiesa ha di se stessa. Per concentrazione intendo identificare
un moto del nostro pensiero che attraversa tutti i contenuti,
tutti i temi che sono legati al discorso sulla Chiesa e li porta
verso un centro. Questa concentrazione è stata doppia: una antropologica
e una sacramentale. Nel Concilio la Chiesa ha riscoperto il suo
centro antropologico e il suo centro sacramentale.
Per spiegare cos’è la concentrazione antropologica userò una celeberrima
affermazione del pensatore cristiano Romano Guardini, assistente
degli universitari nell’università di Monaco. Fu il primo a tenere
in una università laica una cattedra denominata: “Visione cristiana
del mondo”. Disse : «La Chiesa oggi (siamo negli anni fra le due
guerre) deve rinascere nelle anime». Noi potremmo dire “nella
persona” usando una terminologia più consona alla sensibilità
contemporanea. Il tema della Chiesa popolo di Dio dice esattamente
questo. In cosa consiste questa rinascita, questo ritrovare un
centro antropologico: la Chiesa in forza dello spirito di Cristo
possiede una natura sua propria che viene prima di ogni singolo
battezzato, ma alla fine esiste sempre e solo in singoli soggetti
e comunica la sua forza salvifica attraverso la loro testimonianza.
Senza di te, senza di me, senza l’io, il noi che noi siamo, la
Chiesa non si rende incontrabile, ecco perché tutti oggi parlano
della Chiesa come se fosse un ente astratto come se fosse una
struttura contro la quale si possono fare delle critiche, perché
siamo dei poveri uomini come tutti e che talora sbagliano.
Ma non si può mai scavalcare la dimensione della persona che in
forza della propria libertà e dell’essere insieme - un io immerso
nel noi e un noi che esalta l’io- testimonia in concreto la presenza
salvifica di Gesù a ogni uomo di oggi. La Chiesa diventa realmente
il popolo di Dio in azione, che attraversa la storia, realmente
la Chiesa siamo noi, ciascuno di noi e non si deve mai mettere
tra parentesi il soggetto. La Chiesa è casa nostra, è nostra madre,
è nostra maestra. Questa è quella che chiamo concentrazione antropologica.
Tutti, i laici, la gerarchia, i religiosi. Tutti a costituire
l’unico popolo di Dio.
La seconda concentrazione è quella sacramentale come afferma il
primo paragrafo della Lumen gentium: «La Chiesa è segno e strumento
dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano»
. Questo è il Sacramento. Quando i padri fanno questa affermazione,
parlano per la prima volta della sacramentalità della Chiesa come
tale che certamente passa per i sette sacramenti però possiede
essa stessa la natura di essere segno e strumento del rapporto
dell’uomo con Dio per la potenza dello Spirito di Gesù risorto.
C’è una bella frase del grande teologo Urs von Balthasar che dice
bene questa natura sacramentale della Chiesa: «Ci occuperemo della
Chiesa solo nella misura in cui essa può e vuole essere una mediazione
intrinseca del Dio di Gesù Cristo». Questo è lo scopo della Chiesa
e delle sue articolazioni: diocesi, parrocchia, varie associazioni.
Essere il mezzo, lo strumento dell’avvenimento di Gesù, così che
possa portarlo nella storia di fronte alla libertà di ciascuno.
E continua von Balthasar: «Dicendo questo abbiamo probabilmente
posto la questione decisiva e forse nei confronti della Chiesa
non c’è altra domanda da porre oltre a questa». Questa però non
è una domanda ovvia e su questo tutti i giorni come cristiani
dobbiamo giocarci. Dio ha deciso di aver bisogno degli uomini,
di noi, per comunicarsi a tutta la famiglia umana. È una cosa
straordinaria! Riprendo quanto diceva il grande teologo Sheeben:
«Ciò che meraviglia nell’incarnazione non è solo il fatto che
Dio abbia deciso di venire a salvarci, ma è il come lo ha fatto».
Lasciandosi trattare come uno di noi, nascendo da una donna. Come
dicono bene tutti i nostri inni ambrosiani, che non spiritualizzano
questa nascita mantenendone tutta la forza di incarnazione.
Questa è la ragione per cui è più corretta la domanda che avete
posto questa sera come titolo del nostro incontro: “Chi è” la
Chiesa e non “che cosa è” la Chiesa. Se diciamo: “cosa” è la Chiesa,
la consideriamo un oggetto che è fuori di me, da cui io mi tiro
fuori e posso dire descriverla nella sua struttura e organizzazione.
Aspetti necessari, certo, ma propriamente parlando la Chiesa non
è un oggetto: è soggetto. Ed è soggetto proprio perché per volontà
di Gesù e per la potenza dello Spirito Santo non fa altro che
portare nella storia il grande avvenimento della nascita, crescita,
missione, passione, risurrezione e gloria del Signore e questo
è il contenuto profondo della nostra esistenza quotidiana.
Ho trovato un modo bello per esprimere questa doppia concentrazione
in un testo di papa Wojtyla nel suo libro Le fonti del rinnovamento.
Il Papa aveva una conoscenza della Chiesa universale e aveva soprattutto
la grande fortuna di aver vissuto il Concilio giovanissimo a 40
anni. Lo aveva poi tradotto nella vita della sua Diocesi e nel
Sinodo da Lui voluto per il rinnovamento delle comunità parrocchiali.
Scrive: «La Chiesa è certamente una verità di fede e oggetto di
uno degli articoli del Credo. Se l’ottica del concilio fosse stata
puramente dottrinale , forse l’insegnamento circa la verità di
fede che riguarda la Chiesa si sarebbe sviluppato in altro modo.
Ma proprio a questo punto il concilio doveva diventare pastorale,
non era possibile trattare la Chiesa solo come oggetto era necessario
che essa si esprimesse come soggetto e questa intenzione accompagnava
la prima domanda del concilio: Chiesa che cosa dici di te stessa?
Questa domanda è diretta alla Chiesa soggetto e quindi era rivolta
a tutti coloro che costituiscono questo soggetto. Il soggetto
Chiesa è una comunità unica nel suo genere». Paolo VI arrivò a
dire che il popolo dei cristiani forma quasi una realtà etnica
“sui generis” che attraversa tutti i popoli e vediamo quanto c’è
bisogno oggi in questo tempo di meticciamento di civilità e di
culture.
Rispondiamo
alla domanda “Chi è la Chiesa?” seguendo i capitoli della Costituzione
conciliare. La prima affermazione fondamentale, che appare subito
all’inizio della costituzione: la Chiesa viene dalla Trinità.
Il mistero della Chiesa (cap. 1) si radica in questa consapevolezza:
la Chiesa nasce dal dono che la Trinità fa di sé. Ritroviamo questa
verità nell’Esortazione postsinodale Sacramentum caritatis al
n. 14 quando afferma che l’Eucaristia genera la Chiesa, è la causa
che origina la Chiesa. Certo, si può dire anche: è la Chiesa fa
l’eucaristia.
C’è stata una lunga discussione fra i Padri sinodali se venisse
prima la causalità della Chiesa sull’eucaristia o quella dell’eucaristia
sulla Chiesa, poi nella proposizione finale che il Santo Padre
ha ripreso quasi alla lettera nel testo post-sinodale si dice
che c’è una prevalenza della causalità dell’eucaristia – l’eucaristia
fa la Chiesa –rispetto alla causalità della Chiesa verso la eucaristia.
Certamente le due cose sono inseparabili. La causalità eucaristica
nei confronti della Chiesa è tutta in funzione della comunicazione
della salvezza agli uomini. Veramente importante la tesi del primo
capitolo: la Chiesa non si fa da sé. Questa affermazione ha una
implicazione concreta, basta pensare a quanto tempo noi passiamo
programmando iniziative, strumenti, strutture ma dimenticando
questo antefatto: la Chiesa non si fa da sé. La Chiesa si comprende
solo partendo da Dio. Questo implica il superamento dell’ecclesiocentrismo,
ovvero di una concentrazione sulla Chiesa. Noi proponiamo Gesù
e la Chiesa è la condizione necessaria per proporlo, ma la Chiesa
non propone se stessa. Noi non proponiamo noi stessi.
Aprendo il sinodo di quest’anno, Benedetto XVI ha detto queste
parole che spiegano bene il cuore della Lumen gentium: «Noi non
possiamo fare la Chiesa. Noi possiamo solo fare conoscere quanto
ha fatto Lui». La Chiesa non comincia con il nostro fare, ma con
il fare e il parlare di Dio. Gli apostoli non hanno detto, dopo
alcune assemblee, adesso vogliamo creare una Chiesa e quasi fossero
un’Assemblea costituente hanno elaborato una costituzione, no!
hanno pregato e in preghiera hanno atteso consapevoli che solo
Dio stesso può creare la sua Chiesa, che Dio è il primo agente.
Se Dio non agisce la nostre cose sono solo le nostre cose e sono
insufficienti. Solo Dio può testimoniare che parla e che ha parlato.
Pentecoste e il dono dello Spirito è la condizione della nascita
della Chiesa. Solo perché Dio prima ha agito gli apostoli possono
agire con lui e fare presente quanto Lui fa!
Passiamo al secondo capitolo. La Chiesa è un soggetto che
vive nella storia e questo è l’emergere del grande tema del popolo
di Dio. Ci fu in Concilio una grande discussione se mettere al
primo posto il popolo di Dio come il fattore che ricomprende tutte
le vocazioni e tutti gli stati di vita e ci rende tutti figli
del Figlio e membri con pari dignità nella Chiesa dall’ultimo
bimbo battezzato fino al Papa. Pensare la Chiesa come popolo di
Dio è fondamentale perché documenta che la Chiesa avviene nei
fedeli, in tutti i fedeli, e avviene storicamente con la forma
di un popolo, fisicamente percepibile. La forza con cui la Chiesa
rende presente sul suo volto Gesù è il suo essere un luogo identificabile,
incontrabile: «venite e vedrete» dice Gesù. Poi la Lumen gentium
aggiunge che tutti gli uomini appartengono anche se in modo non
pieno, come i cristiani non cattolici (15), o sono ordinati (16)
a questo popolo e questo spiega la natura strutturalmente e essenzialmente
missionaria della Chiesa. La missione non è un’aggiunta alla Chiesa
già costituita, fa parte dell’essenza e della natura stessa della
Chiesa.
Terzo capitolo: la forma della Chiesa è la comunione. Qui
voglio concentrare in questa idea di communio che il concilio
ha recuperato i capitoli da 3 a 6 dove Lumen gentium spiega
la costituzione gerarchica della Chiesa in particolare la fisionomia
e la vocazione missionaria del vescovo e dei laici e poi la vocazione
universale alla santità entro cui colloca il discorso dei religiosi.
Prima di ogni distinzione di ufficio, di compito, prima di tutto
viene la nozione del fedele. La sostanza sta nell’essere tutti
fedeli, poi vengono le differenze: fedele ordinato, fedele religioso,
fedele laico. I capitoli in cui si articola l’analisi dei soggetti
che di fatto costituiscono la Chiesa hanno questo filo rosso che
li congiunge: dominante è l’essere fedeli, rispetto alla modalità
con cui si è fedeli a partire dal proprio ministero o a partire
dal proprio stato di vita (consacrato, laico, sposato…).
Secondo: la comunione dice che la comune dignità di tutti i fedeli
è questa vocazione universale alla santità. Questa affermazione
non era affatto ovvia. Il termine vocazione era riservato all’
essere prete o suore, certamente non alla condizione di sposi.
Il concilio dice con forza che la vocazione alla santità è universale.
Santità vuol dire piena riuscita umana. Il santo è l’uomo compiuto.
Un uomo che è passato magari anche attraverso una storia di peccati,
di prove, ma non si è fermato lì per grazia di Dio e per acccoglienza
della sua libertà. La comunione è l’esaltazione della dignità
di ogni fedele e l’affermazione che nella sequela di Cristo qualunque
sia lo specifico della tua chiamata si realizza il tuo compimento.
Ecco perché abbiamo il coraggio di proporre alla liberta di tutti
questo stile di vita, la sequela di Cristo. Allora è molto importante
che nella Chiesa sia affermata la circolarità tra tutti gli stati
di vita. Ci vuole una concordia corresponsabile per vivere questa
dignità di fedele a cui siamo stati chiamati per grazia. Il prete,
il ministro ordinato, non lo si capisce se non è strutturalmente
riferito a tutto il popolo di Dio. Analogamente per il consacrato,
lo sposato, il laico. Ma questo esige che la comunione venga prima.
Il già citato teologo von Balthasar ha una bella espressione:
«La Chiesa è una comunione di missioni personali». Ognuno con
la sua missione: Il compito che il disegno di Dio ha su di te,
tu lo giochi con tutti gli altri che sono chiamati con te anche
se hanno idee diverse dalle tue. C’è comunque un antefatto, c’è
una precedenza che è la potenza dello Spirito del Risorto che
la tradizione ci porta e fa sì che la Chiesa sia una comunione
di missioni. Ancora von Balthasar: «La Chiesa si rivela come l’unità
di coloro che schieratisi attorno al “Sì” immacolato di Maria
e formati in questo “Sì”, sono disposti e pronti a fare in modo
che abbia a realizzarsi la volontà di salvezza su loro stessi
e sui loro fratelli”.
Il capitolo 7 introduce un tema che per noi cristiani è
ancora un po’ ostico: la Chiesa ha un’indole escatologica, è pellegrina
sulla terra e vive già la sua unione con la Chiesa del cielo.
Tanto più la Chiesa è radicata nella storia, tanto più è un popolo
in cammino lungo la storia, tanto più è spalancata a quel pieno
compimento che si dà nel cielo e quindi il compito della Chiesa
è rendere presente il definitivo nella storia. Capite quanto è
importante questo nella nostra vita quotidiana: nell’amore fra
lo sposo e la sposa, nell’educazione dei figli. Se hai la speranza
certa della risurrezione, guardi l’altro in maniera diversa, affronti
i tuoi limiti in maniera diversa, vivi malattia e morte in maniera
diversa, usi i tuoi beni in maniera diversa. Quindi il Concilio
ha voluto sottolineare che la Chiesa è qui per far presente la
verità definitiva dentro la storia e per questo deve fare quello
che ha fatto Gesù, che pur essendo Dio si è abbassato fino ad
assumere la nostra natura in tutto, non avendo peccato si è fatto
trattare da peccato, è sprofondato fino agli inferi in modo tale
che per quanto l’uomo possa inabissarsi nella sua miseria trovi
sempre sotto di sé Gesù pronto a tirarlo su così per il mento,
se lui dice di sì ad attirarlo a sé. La dimensione eterna è un
fattore decisivo del progresso storico, non ci tira fuori dalla
storia, dà un senso alla storia. La tua storia personale, la tua
biografia. Andando avanti con gli anni, ti rendi conto che il
dono dell’appartenenza alla Chiesa ti dà un senso di appartenenza
alla comunità e questo cambia il modo di volersi bene, il modo
di trattarsi.
La Lumen gentium si conclude guardando a Maria, come grande icona
della Chiesa: La Beata Vergine Maria nel mistero della Chiesa.
La venerazione della vergine Maria, la capacità di mettersi attorno
al suo ‘sì’, per dire il nostro ‘si’, la quotidiana invocazione
della sua intercessione e soprattutto l’affidamento quotidiano
a Maria, mostra la natura essenzialmente femminile della Chiesa.
Accogliere totalmente il disegno del Padre come Maria l’ha accolto.
Maria concentra già in sé la Chiesa e ci fa capire che tutti di
fronte a Dio che ci è stato rivelato attraverso la grazia di Cristo,
siamo nella posizione della sposa, della docilità, della disponibilità.
Naturalmente questo discorso non intacca la pari dignità uomo-donna.
La pienezza dell’umano sta nella capacità di ricevere. Da chi
dovremmo ricevere se non da Dio? Gesù si è fatto bambino per farci
prendere dalla tenerezza: di fronte a un Dio bambino tutti si
commuovono.
Vi invito, concludendo, a saper valorizzare ogni impeto di domanda
di senso di ogni nostro fratello. Le nostre chiese devono essere
per tutti, anche per chi è nella fatica del vivere in questi giorni
difficili.
Chiediamo l’umiltà profonda di essere docili come Maria.
SETTIMANA
PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI
Giovedì
17 gennaio - ore 17.30
GIORNATA DELL’EBRAISMO
Dio
allora pronunciò tutte queste parole: “Non commettere adulterio”
(Es 20,1.14)
Alfonso Arbib Rabbino Capo di Milano
Gianni Genre Pastore valdese a Pinerolo, già Moderatore della
Tavola valdese
AMBROSIANEUM Via delle Ore, 3
Venerdì
18 gennaio - ore 19.00
INIZIO SETTIMANA di PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI
CELEBRAZIONE ECUMENICA
Santa MARIA DEGLI ANGELI, piazza S. Angelo n. 2
Sabato
19 gennaio - ore 17.00
Tavola rotonda interconfessionale
LA SVOLTA COSTANTINIANA
Letture cristiane a confronto all’interno del dialogo ecumenico
Viorel Ionita Presbitero e professore emerito della Facoltà di
teologia ortodossa di Bucarest
Letizia Tomassone Pastora valdese, già vicepresidente della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia
Maria Cristina Bartolomei Docente di Filosofia della religione
e teologa, del comitato redazionale del mensile Jesus
Modera: Giorgio Del Zanna Vice Presidente del Consiglio delle
Chiese cristiane di Milano
TEATRO
ALLE COLONNE, Corso di Porta Ticinese n. 45
Domenica
20 gennaio - ore 15.30
STUDIO BIBLICO ECUMENICO: “Quello che il Signore esige da noi”
(Michea 6,6-8)
a cura delle Coppie Interconfessionali
CHIESA CRISTIANA PROTESTANTE, Via Marco De Marchi n. 9
Domenica
20 gennaio - ore 19.00
CONDIVIDIAMO E PREGHIAMO INSIEME Serata ecumenica dei giovani
CHIESA EVANGELICA METODISTA Via Porro Lambertenghi n. 28
Da
Lunedì 21 a Venerdì 25 gennaio ore 12.40-13.00
GROTTA DI ELIA CHIESA ORTODOSSA RUSSA
presso SAN VITO AL PASQUIROLO Largo Corsia dei Servi n. 4
Lunedì
21 gennaio - ore 18.00
VESPRI ORTODOSSI CHIESA ORTODOSSA ROMENA
presso SANTA MARIA DELLA VITTORIA, Via De Amicis n. 13
Venerdì
25 gennaio - ore 20.30
CANTATE AL SIGNORE La preghiera del canto di Corali delle Chiese
del Consiglio conclude la Settimana per l’unità
SAN GIORGIO AL PALAZZO, Piazza San Giorgio n. 2
SABATO
26 GENNAIO 2013
DURANTE LA MESSA DELLE ORE 18
RICORDEREMO
GLI ANNIVERSARI DI MATRIMONIO,
IN PARTICOLARE LE DATE "IMPORTANTI"
AL TERMINE FESTEGGEREMO INSIEME
CON UN APERITIVO
Informazioni
e iscrizioni rivolgersi in Segreteria parrocchiale
entro giovedì 24 gennaio
SABATO
2 E DOMENICA 3 FEBBRAIO 2013
FIERA
DEL LIBRO USATO
a
favore delle Suore di via Ponzio e
de "La Tenda",
servizio con e per gli anziani
della nostra comunità
dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00 in Oratorio
È
possibile portare libri usati da vendere entro e non oltre domenica
27 gennaio
Grande
Luna Park di Carnevale
in
Oratorio
Domenica
10 febbraio 2013 dalle ore 15,00
Grandi
premi per tutti…
Costo
della tessera 3 euro
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