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GIUGNO
- LUGLIO - AGOSTO 2012
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TU
CI SEI NECESSARIO
O
Cristo, nostro unico mediatore,
tu ci sei necessario
per venire in comunione con Dio Padre,
per diventare con te,
che sei suo Figlio unico e Signore nostro,
suoi figli adottivi,
per essere rigenerati nello Spirito Santo.
Tu ci sei necessario, o solo vero maestro
delle verità recondite e indispensabili della vita,
per conoscere il nostro essere e il nostro destino,
la via per conseguirlo.
Tu
ci sei necessario, o Redentore nostro,
per scoprire la miseria morale e per guarirla;
per avere il concetto del bene e del male
e la speranza della santità;
per deplorare i nostri peccati
e per averne il perdono.
Tu
ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano,
per ritrovare le ragioni vere
della fraternità fra gli uomini,
i fondamenti della giustizia,
i tesori della carità,
il bene sommo della pace.
Tu
ci sei necessario, o grande paziente dei nostri dolori,
per conoscere il senso della sofferenza
e per dare ad essa un valore
di espiazione e di redenzione.
Tu
ci sei necessario, o vincitore della morte,
per liberarci dalla disperazione e dalla negazione
e per avere certezza che non tradisce in eterno.
Tu
ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio con noi,
per imparare l’amore vero
e per camminare nella gioia
e nella forza della tua carità la nostra via faticosa,
fino all’incontro finale con te amato,
con te atteso, con te benedetto nei secoli.
Amen.
Paolo
VI
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RINGRAZIARE
E PROGETTARE
Questi due verbi esprimono il mio stato d’animo in queste settimane
di giugno.
Per la vita della nostra comunità un anno si conclude: il mio
terzo anno con voi. E ripercorrendo questo anno da settembre 2011
ad oggi mi sale alle labbra una profonda gratitudine. Ci è stato
dato “ancora un anno” ricco di eventi significativi, di problemi,
di sfide. Proviamo a ripercorrerlo.
Il
25 settembre il nuovo arcivescovo entra in Milano. Si conclude
il breve ma intenso episcopato del cardinale Tettamanzi. La scorsa
settimana ho potuto incontrarlo e mi ha detto: “Sono molto occupato
ma non preoccupato”. Ancora una volta vogliamo ringraziarlo per
quanto ha fatto per la nostra chiesa diocesana. Proprio in queste
settimane la stampa ha dato notizia di una lettera che avrebbe
dovuto essere assolutamente riservata, inviata dal Presidente
di Comunione e Liberazione don Julian Carron al Nunzio apostolico
in Italia mons. Giuseppe Bertello. Interpellato, come è consuetudine,
sul possibile successore di Tettamanzi, don Carron legittimamente
segnala il cardinale Scola e dedica quasi due pagine a descrivere
la situazione della nostra diocesi a dir poco catastrofica chiedendo
che la scelta del nuovo arcivescovo crei una DISCONTINUITÀ rispetto
ai trent’anni precedenti, cioè al lavoro compiuto dagli arcivescovi
Martini e Tettamanzi. Io e, sono certo, moltissimi tra voi che
abbiamo vissuto questi ultimi trent’anni con la guida di questi
grandi Pastori non possiamo che ringraziare Dio di averceli donati.
Davvero sciagurata la lettera di don Carron e bene ha fatto l’arcivescovo
Scola a ribadire la sua grande stima per i suoi predecessori e
a chiedere, in forma ufficiale, spiegazioni a don Carron.
Noi vogliamo continuare nel solco tracciato da Martini e Tettamazi:
nell’amore per la Parola di Dio, nell’apertura a quanti sono in
ricerca, nella solidarietà. Proprio in questi giorni ho avuto
la gioia di far visita ancora una volta al cardinale Martini che
l’inesorabile progresso del morbo di Parkinson priva della voce
e della mobilità: ma la sua mente è lucida e il suo sguardo luminoso
e affettuosamente accogliente. Prendendo congedo ho chiesto per
la nostra comunità la sua benedizione. Accoglietela con gioia
e gratitudine.
Lo
scorso novembre insieme a tutte le parrocchie della diocesi abbiamo
rinnovato il Consiglio pastorale parrocchiale. Mentre ripeto al
Consiglio scaduto il mio grazie esprimo la mia gratitudine al
nuovo che ha già ben lavorato in questi mesi. Tra i nuovi Consiglieri
vi sono persone che provengono da cammini spirituali diversi e
sono quindi portatori di sensibilità diverse che hanno arricchito
il nostro dialogo e condotto a scelte condivise.
In particolare abbiamo insieme programmato la nostra partecipazione
alle Giornate Mondiali della famiglia. A questo proposito voglio
ringraziare Alberta Cucina, Chicca Dossi e Gloria Caramazza che
hanno curato l’accoglienza di alcune famiglie sudamericane nelle
case della nostra parrocchia. A queste nostre famiglie ospitanti
- Dossi, Ferroni, Gaspari, Longobardi, Maiorana, Rivarola e Totti
- la nostra gratitudine.
Questi
mesi sono stati segnati e purtroppo ancora lo saranno da gravi
problemi economici per le famiglie: le difficili prospettive di
lavoro per i giovani e non solo, il crescente numero di persone
che quotidianamente si rivolgono alla parrocchia cercando indumenti,
cibo, denaro. Alcune persone hanno dormito, tante notti anche
in inverno, sotto il portico di ingresso della nostra Chiesa.
Tutti segni di un diffuso disagio sociale al quale abbiamo cercato
di fare fronte potenziando il nostro servizio Caritas di assistenza.
E di nuovo ringrazio quanti non ci fanno mancare il loro aiuto:
la san Vincenzo, il servizio guardaroba, il servizio viveri…
Certo,
la vita di una parrocchia non è segnata solo da eventi “straordinari”
come questi appena menzionati. C’è il ritmo domenicale che vede
una partecipazione costante, ci sono le stagioni dell’anno liturgico,
le celebrazioni più intense del Natale e soprattutto della Pasqua.
Maggio con le prime comunioni e le Cresime preparate da un accurato
lavoro delle Catechiste e di don Paolo, tre corsi di preparazione
al matrimonio con la preziosa collaborazione di Paola e Tom Eccher.
E la condivisione delle ore liete e delle ore tristi nelle famiglie
con la celebrazione dei battesimi e delle esequie. Nessuno di
questi momenti è celebrato senza un incontro, una visita nelle
case, un dialogo che desti la consapevolezza del dono della fede
da trasmettere ai propri figli o condivida il pianto per la morte
di una persona cara. Per tutte le porte che si aprono per accogliere
don Paolo e me siate ringraziati, di cuore.
Ma
in queste settimane di giugno non guardo solo ai mesi trascorsi:
con il Consiglio pastorale guardiamo già al prossimo settembre
e alla ripresa. Dopo il viaggio in Portogallo la sosta a Fatima
con quaranta “pellegrini”, riprenderemo, rinfrancati dal riposo
estivo, il nostro cammino. Il Papa Benedetto chiede a tutta la
Chiesa di vivere questo prossimo anno come anno della fede, riscoperta
del dono della fede e della sua trasmissione alle giovani generazioni.
Il prossimo ottobre sarà anche il cinquantesimo anniversario dell’apertura
del Concilio vaticano II. Ho pensato che sarebbe bello rivivere
il Concilio, i suoi grandi orientamenti rinnovatori come altrettanti
passi di un cammino di fede.
Ho proposto al Consiglio pastorale di istituire nella nostra comunità,
il prossimo anno, la CATTEDRA DEL CONCILIO, un appuntamento mensile
che ci aiuti tutti adulti e giovani a rivivere il Concilio. Ho
già ottenuto la collaborazione di un amico programmatore e regista
televisivo che ci aiuterà a costruire filmati capaci di evocare
quell’evento. Posso solo anticipare che il primo incontro della
Cattedra del concilio ricostruirà l’ambiente storico in cui è
nata l’intuizione di Giovanni XXIII di celebrare un Concilio.
Sarà mons. Loris Capovilla, allora segretario del Papa a trasmetterci
l’emozione di quell’annuncio che sorprese il mondo e anche la
Chiesa. Ultranovantenne mons. Capovilla non lascia la sua residenza
di Sotto il Monte, il paese bergamasco dove nacque papa Giovanni,
ma ha accettato di raccontarci in un video la sua emozionante
testimonianza.
Il programma completo della Cattedra sarà pronto in settembre.
Ma voglio fin da ora condividere con voi la gioia e, confesso,
l’emozione per un evento che ha segnato la storia della Chiesa
(e anche la mia e di molti di voi). Credetemi, sarà un bellissimo
percorso di fede e di cultura: un “amarcord” suggestivo ed emozionante.
don
Giuseppe
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MOSTRAMI
IL TUO VOLTO
omelia
di don Giuseppe nella festa della Santissima Trinità
Domenica 3 giugno 2012
(Es 33, 18-23; Rm 8, 1-9b; Gv 15, 24-27)
NON
AFFANNATEVI
omelia
di don Giuseppe nella II Domenica dopo Pentecoste
Domenica 10 giugno 2012
(Sir 16, 24-30; Rm 1, 16-21; Lc 12, 22-32)
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FAMIGLIA,
LAVORO, FESTA
Riportiamo il testo dell’omelia
pronunciata da Benedetto XVI durante l’Incontro mondiale delle
famiglie a Bresso il 3 giugno 2012.
Venerati Fratelli,
Illustri Autorità,
Cari fratelli e sorelle!
È un grande momento di gioia e di comunione quello che viviamo
questa mattina, celebrando il Sacrificio eucaristico. Una grande
assemblea, riunita con il Successore di Pietro, formata da fedeli
provenienti da molte nazioni. Essa offre un’immagine espressiva
della Chiesa, una e universale, fondata da Cristo e frutto di
quella missione, che, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, Gesù
ha affidato ai suoi Apostoli: andare e fare discepoli tutti i
popoli, «battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo» (Mt 28,18-19). Saluto con affetto e riconoscenza
il Cardinale Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, e il Cardinale
Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia,
principali artefici di questo VII Incontro Mondiale delle Famiglie,
come pure i loro Collaboratori, i Vescovi Ausiliari di Milano
e gli altri Presuli. Sono lieto di salutare tutte le Autorità
presenti. E il mio abbraccio caloroso va oggi soprattutto a voi,
care famiglie! Grazie della vostra partecipazione!
Nella
seconda Lettura, l’apostolo Paolo ci ha ricordato che nel Battesimo
abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, il quale ci unisce a Cristo
come fratelli e ci relaziona al Padre come figli, così che possiamo
gridare: «Abbà! Padre!» (cfr Rm 8,15.17). In quel momento ci è
stato donato un germe di vita nuova, divina, da far crescere fino
al compimento definitivo nella gloria celeste; siamo diventati
membri della Chiesa, la famiglia di Dio, «sacrarium Trinitatis»
– la definisce sant’Ambrogio –, «popolo che – come insegna il
Concilio Vaticano II – deriva la sua unità dall’unità del Padre
e del Figlio e dello Spirito Santo» (Cost. Lumen gentium, 4).
La solennità liturgica della Santissima Trinità, che oggi celebriamo,
ci invita a contemplare questo mistero, ma ci spinge anche all’impegno
di vivere la comunione con Dio e tra noi sul modello di quella
trinitaria. Siamo chiamati ad accogliere e trasmettere concordi
le verità della fede; a vivere l’amore reciproco e verso tutti,
condividendo gioie e sofferenze, imparando a chiedere e concedere
il perdono, valorizzando i diversi carismi sotto la guida dei
Pastori. In una parola, ci è affidato il compito di edificare
comunità ecclesiali che siano sempre più famiglia, capaci di riflettere
la bellezza della Trinità e di evangelizzare non solo con la parola,
ma direi per «irradiazione», con la forza dell’amore vissuto.
Chiamata
ad essere immagine del Dio Unico in Tre Persone non è solo la
Chiesa, ma anche la famiglia, fondata sul matrimonio tra l’uomo
e la donna. In principio, infatti, «Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse
e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi» (Gen 1,27-28). Dio
ha creato l’essere umano maschio e femmina, con pari dignità,
ma anche con proprie e complementari caratteristiche, perché i
due fossero dono l’uno per l’altro, si valorizzassero reciprocamente
e realizzassero una comunità di amore e di vita. L’amore è ciò
che fa della persona umana l’autentica immagine di Dio.
Cari
sposi, nel vivere il matrimonio voi non vi donate qualche cosa
o qualche attività, ma la vita intera. E il vostro amore è fecondo
innanzitutto per voi stessi, perché desiderate e realizzate il
bene l’uno dell’altro, sperimentando la gioia del ricevere e del
dare. È fecondo poi nella procreazione, generosa e responsabile,
dei figli, nella cura premurosa per essi e nell’educazione attenta
e sapiente. È fecondo infine per la società, perché il vissuto
familiare è la prima e insostituibile scuola delle virtù sociali,
come il rispetto delle persone, la gratuità, la fiducia, la responsabilità,
la solidarietà, la cooperazione. Cari sposi, abbiate cura dei
vostri figli e, in un mondo dominato dalla tecnica, trasmettete
loro, con serenità e fiducia, le ragioni del vivere, la forza
della fede, prospettando loro mete alte e sostenendoli nelle fragilità.
Ma anche voi figli, sappiate mantenere sempre un rapporto di profondo
affetto e di premurosa cura verso i vostri genitori, e anche le
relazioni tra fratelli e sorelle siano opportunità per crescere
nell’amore.
Il
progetto di Dio sulla coppia umana trova la sua pienezza in Gesù
Cristo, che ha elevato il matrimonio a Sacramento. Cari sposi,
con uno speciale dono dello Spirito Santo, Cristo vi fa partecipare
al suo amore sponsale, rendendovi segno del suo amore per la Chiesa:
un amore fedele e totale. Se sapete accogliere questo dono, rinnovando
ogni giorno, con fede, il vostro «sì», con la forza che viene
dalla grazia del Sacramento, anche la vostra famiglia vivrà dell’amore
di Dio, sul modello della Santa Famiglia di Nazaret. Care famiglie,
chiedete spesso, nella preghiera, l’aiuto della Vergine Maria
e di san Giuseppe, perché vi insegnino ad accogliere l’amore di
Dio come essi lo hanno accolto. La vostra vocazione non è facile
da vivere, specialmente oggi, ma quella dell’amore è una realtà
meravigliosa, è l’unica forza che può veramente trasformare il
mondo. Davanti a voi avete la testimonianza di tante famiglie,
che indicano le vie per crescere nell’amore: mantenere un costante
rapporto con Dio e partecipare alla vita ecclesiale, coltivare
il dialogo, rispettare il punto di vista dell’altro, essere pronti
al servizio, essere pazienti con i difetti altrui, saper perdonare
e chiedere perdono, superare con intelligenza e umiltà gli eventuali
conflitti, concordare gli orientamenti educativi, essere aperti
alle altre famiglie, attenti ai poveri, responsabili nella società
civile. Sono tutti elementi che costruiscono la famiglia. Viveteli
con coraggio, certi che, nella misura in cui, con il sostegno
della grazia divina, vivrete l’amore reciproco e verso tutti,
diventerete un Vangelo vivo, una vera Chiesa domestica (cfr Esort.
ap. Familiaris consortio, 49). Una parola vorrei dedicarla anche
ai fedeli che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa
sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento
e di separazione. Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sostengono
nella vostra fatica. Vi incoraggio a rimanere uniti alle vostre
comunità, mentre auspico che le diocesi realizzino adeguate iniziative
di accoglienza e vicinanza.
Nel
libro della Genesi, Dio affida alla coppia umana la sua creazione,
perché la custodisca, la coltivi, la indirizzi secondo il suo
progetto (cfr 1,27-28; 2,15). In questa indicazione possiamo leggere
il compito dell’uomo e della donna di collaborare con Dio per
trasformare il mondo, attraverso il lavoro, la scienza e la tecnica.
L’uomo e la donna sono immagine di Dio anche in questa opera preziosa,
che devono compiere con lo stesso amore del Creatore. Noi vediamo
che, nelle moderne teorie economiche, prevale spesso una concezione
utilitaristica del lavoro, della produzione e del mercato. Il
progetto di Dio e la stessa esperienza mostrano, però, che non
è la logica unilaterale dell’utile proprio e del massimo profitto
quella che può concorrere ad uno sviluppo armonico, al bene della
famiglia e ad edificare una società più giusta, perché porta con
sé concorrenza esasperata, forti disuguaglianze, degrado dell’ambiente,
corsa ai consumi, disagio nelle famiglie. Anzi, la mentalità utilitaristica
tende ad estendersi anche alle relazioni interpersonali e familiari,
riducendole a convergenze precarie di interessi individuali e
minando la solidità del tessuto sociale.
Un
ultimo elemento. L’uomo, in quanto immagine di Dio, è chiamato
anche al riposo e alla festa. Il racconto della creazione si conclude
con queste parole: «Dio, nel settimo giorno, portò a compimento
il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo
lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò»
(Gen 2,2-3). Per noi cristiani, il giorno di festa è la Domenica,
giorno del Signore, Pasqua settimanale. È il giorno della Chiesa,
assemblea convocata dal Signore attorno alla mensa della Parola
e del Sacrificio Eucaristico, come stiamo facendo noi oggi, per
nutrirci di Lui, entrare nel suo amore e vivere del suo amore.
È il giorno dell’uomo e dei suoi valori: convivialità, amicizia,
solidarietà, cultura, contatto con la natura, gioco, sport. È
il giorno della famiglia, nel quale vivere assieme il senso della
festa, dell’incontro, della condivisione, anche nella partecipazione
alla Santa Messa. Care famiglie, pur nei ritmi serrati della nostra
epoca, non perdete il senso del giorno del Signore! È come l’oasi
in cui fermarsi per assaporare la gioia dell’incontro e dissetare
la nostra sete di Dio.
Famiglia,
lavoro, festa: tre doni di Dio, tre dimensioni della nostra esistenza
che devono trovare un armonico equilibrio. Armonizzare i tempi
del lavoro e le esigenze della famiglia, la professione e la maternità,
il lavoro e la festa, è importante per costruire società dal volto
umano. In questo privilegiate sempre la logica dell’essere rispetto
a quella dell’avere: la prima costruisce, la seconda finisce per
distruggere. Occorre educarsi a credere, prima di tutto in famiglia,
nell’amore autentico, quello che viene da Dio e ci unisce a Lui
e proprio per questo «ci trasforma in un Noi, che supera le nostre
divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine,
Dio sia "tutto in tutti" (1 Cor 15,28)» (Enc. Deus caritas est,
18).
Amen.
GRAZIE!
Questa
è la lettera che le famiglie ecuadoregne ospiti nella nostra comunità
hanno lasciato al termine della loro permanenza in Italia
Grazie
alla parrocchia di San Host Goevanni per tutte le famiglie di
Ecuador Puyo, in modo molto speicali per il coordinatore e il
prete di aver fatto tutto il possibile per farci questa parrocchia.
Grazie per la vostra ospitalità e generosità e siamo insieme per
Gesù.
Italia ora siamo fratelli in Ecuador Gesù nostro Signore.
Dio vi benedica tutti famiglia italiana, in particolare questa
parrocchia.
Grazie per il vostro aiuto, noi sappiamo che Dio li ricompenserà
abbondantemente. Saluti a tutte le famiglia della parrocchia di
San Geovanni che ci ha accolto, allora Dio vi benedica sempre.
Cordiali
saluti.
John, Clemencia e Lourdes Toasa e Carlos Solis;
Nestor Arcos, Lourdes Velasco, Hna. Maria, Roberto e Rossy Costante;
Edison Gutierrez, Rocio Nunez e Adela Yanez.
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LA
CHIESA E LA FAMIGLIA
In
questo mese di Giugno la Chiesa ha vissuto con intensità il VII
incontro mondiale delle Famiglie, un evento internazionale che
si è tenuto questa volta nella nostra città di Milano e ha avuto
il suo culmine proprio nella giornata di Domenica 3 Giugno. Sempre
in questo mese, ben lo sappiamo, la Chiesa celebra la solennità
dei Santi Pietro e Paolo, il 29 Giugno. Potremmo dire dunque che
Giugno, mai come quest’anno, è il “mese della Chiesa”. Eppure
proprio le cronache di queste settimane ci consegnano l’immagine
triste di una Chiesa ferita da logiche di potere. Come hanno detto
molti intellettuali ma anche sacerdoti e vescovi, la Chiesa non
è il Vaticano e dunque dobbiamo contestualizzare questi fatti
senza certo sminuirne il grave peso che essi comportano.
LA
CHIESA
Ricordo lo stupore che avevo provato quando, durante la Via Crucis
del 2005, avevo ascoltato le parole del cardinal Ratzinger che
così commentava la 9° stazione, quella che ricorda la terza caduta
di Gesù: «Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba
soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del
santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria
del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto
noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la
sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante
teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa,
e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere
completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!».
Sono passati sette anni e accanto a queste parole abbiamo l’incoraggiamento
di un Ratzinger che, questa volta da Papa, ha detto a proposito
della vicenda dei “corvi”: «gli avvenimenti successi in questi
giorni hanno recato tristezza nel mio cuore, ma non si è mai offuscata
la ferma certezza che, nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà
e le prove, la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e il Signore
mai le farà mancare il suo aiuto per sostenerla nel suo cammino».
Confermare i fratelli nella fede è il compito che Gesù ha dato
a Pietro e Benedetto XVI ci conferma che nessun male, per quanto
grande, può vincere. Certamente a molti di noi sarà capitato in
questi giorni di formarsi una opinione di questi fatti. L’esplosione
mediatica che ne è suscitata ha avuto luogo quasi in coincidenza
con il VII incontro mondiale delle famiglie che si è tenuto dal
30 Maggio al 3 Giugno scorso. È vero che il fenomeno della fuoriuscita
dei documenti risale a diversi mesi fa, ma è nelle ultime settimane
che i fatti si sono moltiplicati.
Alla
Messa presieduta dal Santo Padre, il 3 Giugno, ha partecipato
circa un milione di persone e anche i giorni precedenti dedicati
alla riflessione sulla famiglia hanno contato una grandissima
partecipazione. “Un vero e proprio miracolo” hanno detto in molti
…
Certamente è stato un vero evento di Chiesa, di festa ma soprattutto
di fede. Sì, della fede dei piccoli, dei semplici. Ho visto, in
quei giorni, grandi gruppi di “masse” che si spostavano da una
parte all’altra, fino all’ultima mattina, quella del 3 Giugno,
per raggiungere presto il luogo della Messa col Papa. Ero lì dalla
mattina presto anch’io. Come volontario sono stato assegnato con
alcuni amici nella “porta” dell’unico corridoio per fare accedere
le persone nella prima metà di tutto l’aeroporto di Bresso. Ho
visto i singoli volti di queste masse oceaniche di persone. Volti
stanchi ma contenti, volti sfiniti dal portare scomodi bagagli
ma felici di aver trovato accoglienza, volti di adulti che accompagnano
bambini assonati ma sorridenti e perfino volti di anziani un po’
nervosi per rispettare le regole dei volontari, ma comunque a
tutti costi presenti. Mi è sembrato di vedere concretamente l’immagine
della chiesa: tanti uomini e donne, di diverse età, di diversi
cammini ma tutti in un continuo e unico cammino verso una sola
meta: l’incontro con Gesù. E questa è la chiesa di tutti i giorni.
E questa è la chiesa che anche oggi deve continuare ad esistere
e che ognuno può (e deve) sognare. Chiesa che, come ha detto il
Papa, non si stanca, nonostante tutto, di camminare affidandosi
allo Spirito del Signore.
Dunque Chiesa delle incredulità (perché proprio in Vaticano succedono
certe cose?) che al tempo stesso continua a credere (appunto,
il cammino di fede ciascuno di noi).
LA
FAMIGLIA
È stato bello, per me, vivere il VII incontro Mondiale delle Famiglie
in coincidenza con lo “scoppio” dello scandalo del Vaticano. Mi
ha fatto ricordare l’importanza della chiesa come famiglia. C’è
la famiglia dalla quale proveniamo e c’è la famiglia che ci si
è creati. C’è, spesso, la famiglia in cui sono prevalse le ragioni
delle divisioni a quelle dell’unità. Possiamo riconoscere con
il termine “famiglia” la nostra comunità, ad esempio. Tutte queste
sono famiglie “importanti”, certo, ma tutte figlie davvero della
grande famiglia che è la Chiesa. È in lei che ci si è costituiti.
E, come in una famiglia che la sera condivide la cena nell’unico
momento comune della giornata, ci sono tante cose da dirsi e poco
tempo per dirle. Ci sono tante cose che ci si racconta su come
è andata la giornata, il lavoro, lo sport e la scuola dei figli,
le amicizie, ma anche cose che non si vorrebbero dire e sentir
dire: le litigate, le divisioni, i pettegolezzi su questo e quello.
Vivere la chiesa come una famiglia significa viverla con fatica
certo, ma condividendo il pane, spezzando le parole, moltiplicando
le attenzioni gli uni per gli altri. Le difficoltà rimangono,
ma tutti, lo sappiamo, vogliamo che la vita sia fraterna, che
la giornata di domani sia sempre più serena. Può così capitare
di alzarci da tavola un po’ seccati dopo una discussione. Alla
fine, però, l’importante è che si cerchi la riconciliazione, se
non direttamente con la persona, certamente con Dio.
Qualche giorno fa, in oratorio, ho parlato di queste cose con
un adulto che si è riavvicinato alla Chiesa dopo un periodo di
lontananza. Conoscendolo un po’, pensavo che confrontandomi con
lui mi dicesse che era naturalmente inorridito dal leggere di
trame e logiche di potere. Così è stato. Ma, non altrettanto naturalmente
e con estrema semplicità, mi diceva però che “per fortuna c’è
lo Spirito Santo… non ne sappiamo i tempi, però c’è, speriamo
che nessuno lo ostacoli”. Forse non accetteremo mai il perché
di tante difficoltà all’interno della Chiesa, però possiamo cominciare
(o continuare) ad affidarle. Non ci sia giorno in cui cessi la
nostra preghiera per l’unità della Chiesa. Sarà l’atto più grande
e più vero del nostro compatire per Lei. Sì, compatire. Cioè “patire
– con”. In una parola, amarla!
Luca
Costamagna
PROBLEMI
ATTUALI DELLA FAMIGLIA
(Ricevo
da amici già impegnati nell’attività sociale e sindacale il testo
di questa conversazione di Giannino Piana, teologo moralista.
Mi sembra un testo uitle per una riflessione sul tema. d.G.)
Parlare
di famiglia oggi è difficile: più che parlare di famiglia bisognerebbe
parlare di “famiglie” nel senso che esiste una pluralità di modelli
di famiglia con la difficoltà di ricondurre questi diversi modelli
ad un comune denominatore.
Una certa pluralità di forme familiari è sempre esistita; non
è una realtà solo di oggi. Basti pensare, in passato, alla famiglia
tribale, alla famiglia allargata che si è poi riprodotta nella
la famiglia patriarcale fino all'attuale famiglia nucleare. Farei,
inoltre una osservazione preliminare, la fondamentale distinzione
tra matrimonio e famiglia. Spesso si pensa che vi sia una perfetta
identificazione tra matrimonio e famiglia, in realtà il matrimonio
è sempre stato, in tutte le culture che conosciamo, una realtà
molto più istituzionalizzata con riconoscimento pubblico.
Il matrimonio, lo dice il termine “matri munus”, aveva una funzione
sociale riconosciuta che era quella di riprodurre la vita. Mentre
la famiglia è una realtà sociologica che si articola in forme
diverse a seconda delle condizioni economiche, sociali e ideologiche.
Questa distinzione è importante perché quando si parla di famiglia
fondata sul matrimonio, come ad esempio viene indicata nella Costituzione
italiana, non bisogna pensare che questa sia l'unica famiglia.
La famiglia fondata sul matrimonio è la più significativa su cui
si regge anche l'ordinamento sociale e civile ma esistono diversi
modelli di famiglia.
I
modelli di famiglia
Le indagini condotte negli ultimi dieci anni svelano cambiamenti
profondi della famiglia. Ne cito solo alcuni: l'aumento delle
famiglie composte da un solo genitore (un'indagine condotta dalla
Commissione affari sociali e pubblicata nel 2007 denunciava il
passaggio da una percentuale del 16% di famiglie con un solo genitore
nel 1995 al 23% del 2007, percentuale che in questi ultimi anni
si è notevolmente accentuata); l'altro dato rilevante è l'aumento
delle convivenze soprattutto quelle che precedono il matrimonio,
magari per anni.
Un altro dato interessante sul cambiamento della famiglia è l'aumento
delle coppie con figli adulti a carico determinato anche dall’attuale
crisi economica, così come la moltiplicazione di quelle che vengono
chiamate le “multi-famiglie” cioè famiglie multiple nel senso
che un figlio ha non più due genitori, ma in qualche modo quattro
perché i due genitori biologici hanno divorziato e si sono fatti
un'altra famiglia.
Quindi quattro figure parentali che non sono sullo stesso piano
ma che, comunque, diventano un problema dal punto di vista educativo.
Infine il fenomeno delle convivenze che non hanno come esito il
matrimonio.
Le motivazioni della convivenza
Diverse le motivazioni per il ricorso alla convivenza che è il
fenomeno più rilevante fra quelli enunciati. In una percentuale
abbastanza ridotta queste convivenze sono connesse con una scelta
ideologica cioè con il rifiuto dell'istituzione, che, in alcuni
studi degli anni ‘70, veniva descritta coma la tomba dell'amore.
Oppure la percezione che in qualche modo il rapporto di coppia
funziona nella misura in cui viene vissuto come rapporto privato
che lo estranea dal contesto sociale il quale anziché essere considerato
un aiuto viene considerato elemento di disturbo.
Per molti il fatto di non avere garanzie di tipo istituzionale
favorirebbe una maggiore autenticità dei rapporti in quanto la
stabilità della coppia non sarebbe un dato acquisito sulla base
dell'istituzione, ma un conquista quotidiana che arricchirebbe
di autenticità il rapporto. Altre volte la scelta della convivenza
è motivata dall'esigenza di sperimentare.
Si tratta di un tratto fondamentale della cultura giovanile attuale
che dispone di un campo di conoscenze molto allargato per cui
tanto più si allarga la conoscenza tanto più diventa difficile
la decisione.
Soprattutto l'esigenza di sperimentazione è legata al fatto dal
gran numero di fallimenti matrimoniali; di qui la necessità di
sperimentare prima di decidere se entrare o meno in uno stato
di vita altamente impegnativo. C'è anche semplicemente l'esigenza
di conoscersi meglio, di definire meglio i rapporti in particolari
quelli sessuali. Un altro elemento che sta sempre più emergendo
è pensare il matrimonio come un itinerario e non come un atto
che determina uno stato di vita definitivo. Quindi uno stato di
vita che viene via via realizzandosi nella misura in cui lo si
sperimenta.
Una sorta di “matrimonio a tappe” come in certe culture africane
dove la convivenza precede il matrimonio vero e proprio che ha
luogo alla nascita del primo figlio. Altre volte le ragioni che
inducono alla convivenza sono ragioni imposte, non scelte. Pensiamo
alle difficoltà economiche connesse con la precarietà del lavoro.
Un altro caso è la convivenza dettata dalla situazione di separazione
in attesa di divorzio. Altre volte, ancora, questa scelta è motiva
dal timore di una nuova delusione: per esempio dopo un matrimonio
fallito, prima di un nuovo matrimonio si preferisce un periodo
anche lungo di convivenza.
Le
cause di carattere culturale
La prima è la cultura individualista imperante: il ritorno del
“soggetto “ che è venuto ad imporsi nella nostra cultura occidentale
in maniera sempre più accentuata a partire dalla metà degli anni
'70. Si pensi alle parole d'ordine che hanno sostituito quelle
di carattere sociale e politico tipiche degli anni '70. Prevalgono
oggi parole non più legate all'impegno sociale e alla militanza,
ma alla soggettività come “bisogno, piacere, realizzazione di
sé, felicità...” e quindi alla identità del soggetto.
Ma questo ritorno al soggetto anziché essere un ritorno alla persona
in relazione è un ritorno all'individuo nella sua separatezza,
nel suo isolamento, chiuso in se stesso. Con la tendenza quindi
alla privatizzazione di tutto. Questo fatto gioca sulla convivenza
in cui c'è la volontà di stare insieme per sempre ma senza la
percezione che questo diventare coppia e famiglia abbia una rilevanza
sociale e quindi istituzionale.
Un altro elemento culturale è il non riconoscimento del valore
dell'istituzione, motivata anche dal fatto che l'istituzione fa
poco per la famiglia.
Molti si chiedono qual sia la differenza tra il convivere e il
rendere pubblica la convivenza attraverso un atto civile come
il matrimonio quando poi non c'è nessuna attenzione dell'istituzione
nei confronti della coppia e della famiglia. Si tratta di un atteggiamento
che più che anti-istituzionale è a-istituzionale.
Un terzo elemento è la cultura del “presentismo”. Noi viviamo
il tempo come una successione di attimi che non sono però collegati,
come in un eterno presente senza la possibilità di rapportarsi
al passato, senza l'accoglienza della memoria del passato non
mummificata ma rivissuta, attualizzata nel presente in cui vivo.
La memoria è creativa.
Proprio questo “presentismo” il vivere l'attimo, questo esaurirsi
totalmente nel presente distoglie dal passato. La ragione sta
anche nel ritmo accelerato dei nostri tempi, gli avvenimenti si
succedono con una rapidità impressionante. Parlare ai giovani
del '68 o del Concilio, non parliamo della Resistenza, vuol dire
parlare di eventi per loro lontanissimi che non hanno nulla a
che fare con la loro vita, con il loro presente.
Analogamente anche la proiezione nel futuro diventa difficile
a partire da questo presentismo perché il futuro è più temuto
che atteso, più oggetto di paura che di speranza soprattutto per
la difficoltà a progettarlo. Anche perché la percezione del cambiamento
repentino scoraggia il decidere oggi che cosa farò nella vita,
sapendo che quello che vivo oggi sarà domani totalmente cambiato.
Così le decisioni di vita irrevocabili come appunto quella del
matrimonio sono molto più difficili oggi per i giovani.
E quindi rende più facile la convivenza che è appunto un vivere
giorno dopo giorno, misurandosi con le difficoltà quotidiane non
ipotizzando un progetto complessivo.
La
valutazione etica
Quali sono i limiti e le possibilità di questa situazione? Coppia
e famiglia riconosciute all'interno di una società sono un bene
sociale perché in esse la società ritrova la propria sorgente
rigenerativa, qui si trova il processo di generazione che consente
che la società sopravviva e si sviluppi.
La famiglia è anche portatrice di valori che hanno valenza sociale
a partire dal fatto che in essa si sviluppano le relazioni primarie
che, sviluppate in un contesto di vera stabilità di coppia, consentono
un'apertura sociale positiva.
È provato che molti disturbi dei giovani nei confronti della società,
alcune forme di rifiuto, nascono dalla impossibilità da parte
di quei giovani di vivere delle esperienze familiari e relazionali
autentiche.
I disturbi nei rapporti primari si riflettono poi, a maggior ragione,
sui rapporti allargati, sociali. Perciò è molto importante il
superamento della tentazione di svuotare il privato, la tentazione
di pubblicizzazione del privato a fronte della tentazione opposta
di privatizzare il pubblico. Il privato va conservato nella sua
privatezza che non vuol dire la chiusura su se stessi, ma il riconoscimento
che ci sono livelli di privacy che devono essere rispettati.
Il rispetto della giusta autonomia della famiglia, della non invadenza
che oggi è piuttosto frequente è una delle ragioni della reazione
agli aspetti istituzionale e sociali. La famiglia è anche un bene
privato che va tutelato nella sua privacy e questo implica il
superamento della intrusione illegittima come certe forme eccessive
di regolamentazione dei vissuti familiari. Non può la legge intervenire
dall'esterno nei rapporti così, intimi, delicati, così complessi.
D'altra parte se va conservata la privacy e il limite del privato,
nel senso nobile del termine, è anche vero che la situazione attuale
evidenzia una scarsa attenzione da parte della famiglia della
dimensione sociale che va recuperata.
Questo implica l'abbandono di una prospettiva intimistica che
diventa intimismo, chiusura asfittica su se stessi. Molte crisi
di coppia sono anche determinate dal fatto che queste coppie vivono
narcisisticamente la propria vita senza alcuna proiezione esterna.
Bisogna operare perché la famiglia possa essere accolta in un
tessuto sociale a partire anche da ambiti molto limitati come
ad esempio il condominio, il quartiere, cioè forme di socializzazione
che consentano alla famiglia di recuperare la dimensione sociale
ma che parte da esperienze molto situate.
Le
politiche sociali per la famiglia e le famiglie di fatto
Dal punto di vista delle politiche sociali in Italia esiste un
vero e proprio paradosso: da una parte, una forte esaltazione
della famiglia, anche per la presenza della Chiesa, dall'altra
delle politiche sociali che sono tra le più deboli rispetto a
tutti i Paesi europei.
Nel nostro Paese la famiglia, soprattutto nei casi più problematici,
viene supportata sotto forma assistenziale invece che con l’assunzione
di responsabilità. Tutti rivendicano diritti rispetto allo stato
sociale, ma pochi riconoscono i propri doveri. Diverse le strade
da percorrere: la limitazione della precarietà nei rapporti di
lavoro che dà luogo spesso alle convivenze. La creazione di condizioni
per la conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di cura. Ancora,
il sostegno al desiderio di maternità. Il fatto che la società
italiana sia quella che ha il livello più basso di natalità è
purtroppo significativo. Così ancora tutto il sistema fiscale
che non favorisce le famiglie numerose.
Infine, si deve prendere coscienza che le convivenze sono una
realtà sociale molto rilevante. Si intende qui una convivenza
abbastanza stabile. La famiglia fondata sul matrimonio in una
società che cresce è un elemento importante, da valorizzare però
anche queste convivenze abbastanza stabili sono un bene sociale.
La stessa Costituzione che riconosce la famiglia fondata sul matrimonio,
afferma anche, all'art. 3, che le persone possono costruire rapporti
stabili a più livelli. L'esigenza quindi di un certo riconoscimento
di alcuni fondamentali diritti a queste forme di convivenza è
un fatto necessario come il diritto all'assistenza, all'eredità.
La strada percorribile è forse quella dei PACS (Patto Civile di
Solidarietà) francesi che stabiliscono una chiara distinzione
tra queste forme di convivenza e il matrimonio.
I PACS stabiliscono chiaramente la distinzione e riconoscono la
non equiparazione, ma riconoscono diritti e doveri reciproci che
vengono ad essere ratificati a livello pubblico, comprese le coppie
omosessuali.
Indubbiamente esiste una posizione rigida della Chiesa anche nel
timore dell'indebolimento della famiglia fondata sul matrimonio.
Ma bisogna riconoscere che questa proposta non mette in discussione
i diritti della famiglia fondata sul matrimonio, ma attribuisce
ad altre forme stabili di convivenza taluni diritti.
ORARIO
ESTIVO SS. MESSE
fino a domenica 9 settembre compresa
domenica:
nel giorno: ore 8.30 - 11 - 18
da
lunedì a sabato:
ore 8 e 18
VENERDÌ
21 SETTEMBRE ALLE ORE 21.00
Primo
incontro del
PERCORSO DI PREPARAZIONE AL MATRIMONIO
Per
informazioni e iscrizioni
rivolgersi in Segreteria parrocchiale
dal lunedssimo della speranza.
SERVIRE
LA COMUNITÀ NELLA LITURGIA
Chiediamo alle persone che abitualmente partecipano
alle nostre celebrazioni di offrire a don Giuseppe e a don Paolo
la propria disponibilità ad assicurare
la proclamazione della Parola di Dio,
la distribuzione della Eucaristia
e l’animazione del canto.
COMUNICAZIONE
AI PARTECIPANTI
AL VIAGGIO IN PORTOGALLO
Vi
preghiamo di provvedere al saldo della quota entro il 17 luglio
p.v.
Per
informazioni rivolgersi in ufficio parrocchiale
Le
iscrizioni per il catechismo
si aprono in oratorio
il giorno 10 settembre
dalle ore 16 alle ore 19
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Nella
Comunità parrocchiale:
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hanno
ricevuto il battesimo
MAURO
ARPONE
MICHAEL RICHARD JAZON
ALEXANDER LUCCHINI
SAMUELE BERTOGLIO
VIOLA FUSÈ
MARGHERITA MANZONETTO
ALLEGRA BIANCA MONTEMARANI
FEDERICO CAPPELLI
si sono uniti in matrimonio
ALESSIA CASTELLETTI E CRISTIAN CONFORTINI
FRANCESCA DI LUGGO E MASSIMILIANO MARRARO
MARIA ANGELA ROSSI E GIOVANNI D’AMORE
abbiamo
affidato ai cieli nuovi e alla terra nuova
GRATO
MAGNONE (a. 85)
GIANDANIELE SARTORIO (a. 71)
GERMANA ROSSI (a. 89)
GISELLA CAROPPO (a. 87)
VASSILIOS BETSOS (a. 80)
MARIA VITTORIA ROLI (a. 88)
ANGELA CABIATI (a. 73)
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