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PREGHIERA
A CINQUANT’ANNI DAL CONCILIO
Sei tornato per le strade, Gesù,
le strade del Ventesimo secolo.
Hai camminato dentro i campi di sterminio
nel silenzio di Auschwitz…
nel fuoco atomico di Hiroshima.
Hai raccolto le macerie del mondo
sotto l'albero della croce,
hai chiamato a raccolta
tutte le figlie e figli della risurrezione.
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri.
Un altro Giovanni ti ha preparato la strada
perché tornassi a parlare.
Egli aprì la finestra
perché il vento dello Spirito
entrasse di nuovo nel cuore
del mondo nel popolo di Dio.
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri
Concilio:
luogo della Parola,
concilio luogo della coscienza
dove tornare a pensare,
a progettare cammini di pace,
sogni di giustizia
concilio orecchio teso
verso le religioni del mondo,
per comprendere il Gesù ebreo,
il Cristo cosmico,
Concilio, abbraccio verso tutte le Chiese.
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri.
Come
nell'assemblea dell'Apocalisse
sono i martiri i primi ad avanzare:
sono loro: donne e uomini uccisi
i primi a stare in piedi, a resistere.
Sono loro il documento mai scritto,
ma fatto corpo, fatto volto,
del Concilio nel mondo.
Romero con le braccia aperte
croce e colomba di pace.
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri
Torniamo
dopo cinquant'anni
con i piedi stanchi, Signore,
ma gli occhi pieni di luce.
Il Concilio è germogliato
nel cuore di donne e uomini in cammino.
Noi abbiamo visto lo Spirito all'opera
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri.
Ogni
volta che i piccoli hanno trovato riscatto,
noi abbiamo gioito,
ogni volta che donne e uomini
per la forza della Parola,
non si sono più sentiti esclusi e traditi
noi abbiamo gioito.
La chiesa del Concilio è cresciuta
nelle coscienze delle donne
e degli uomini liberi
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri.
Continua
a soffiare, Vento dello Spirito,
nuova Pentecoste sul mondo,
continua ad inventare lingue nuove,
alfabeti inediti,
capaci di tradurre le sorprese di Dio.
Non è la chiesa che vogliamo celebrare,
ma lo Spirito di Dio che soffia
in mezzo al mondo
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri.
Dopo
cinquant'anni di cammino
muore, il vescovo della Parola,
l'amico di tutti i pensanti,
dei cercatori di luce;
muore come tutti i profeti,
indicando la strada.
Donaci di raccogliere questa pagina
di concilio vivente,
questo raggio di Pasqua sul mondo.
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri.
Continua
a soffiare Spirito del Risorto,
soffia e apri nuovi cammini,
soffia sulle braci del Vangelo
perché un nuovo fuoco d'amore
bruci
nel cuore di tutti,
perché l'amore sia più forte della paura.
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri.
E voi luna e stelle,
che quella sera foste
testimoni silenziose di un miracolo nuovo,
raccontate
a tutti quelli che guarderanno in alto
questa storia,
raccontate la voce di papa Giovanni
e la sua carezza
per i bambini, per i poveri del mondo.
E dite a coloro che camminano nella notte
che l'alba verrà, come quel terzo giorno,
e che sarà "appena l'aurora"
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri.
don
Marco Campedelli, Verona
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Mercoledì 10 ottobre alle 20 e 30 ero già sul marciapiede di via
Pinturicchio 35, con mezz’ora di anticipo. Ero inquieto. Quella
sera iniziavamo la CATTEDRA DEL CONCILIO con la lezione di don
Saverio Xeres, storico della Chiesa. Confesso che temevo un flop!
Pensavo tra me e me: sono passati 50 anni dal Concilio, chi se
ne ricorderà? Il relatore, che conoscevo e sapevo competente,
non è però noto al grande pubblico. Temevo una partecipazione
modesta. Mentre pensavo così vedo gente arrivare alla spicciolata:
volti noti di parrocchiani e altri… Quando alle 21,15 iniziamo
lo spazio dell’Oratorio è tutto occupato, ci sono anche persone
in piedi, le sedie non bastano. Un grande silenzio, carico di
emozione accompagna le immagini del cardinale Martini, riprese
a Gallarate, un mese prima della morte.
Dice a proposito del Concilio: «Io sono stato presente al Concilio
non in quanto padre conciliare, non ero vescovo, ma sono stato
a Roma in quegli anni, sono stati gli anni più belli della mia
vita. Eravamo entusiasti quando guardavamo al futuro. Parlavamo
con il mondo e quindi è stata una bellissima esperienza».
Subito dopo arrivano altre immagini, riprese alcuni anni fa a
Gerusalemme, quando il morbo di Parkinson non aveva manifestato
tutta la sua carica aggressiva. Il tema è sempre il Concilio:
«Ricordo la sensazione di entusiasmo, di gioia e di apertura
che ci pervadeva, ho passato nel Concilio gli anni migliori della
vita. Si usciva da un’atmosfera un po’ muffa che sapeva di stantio,
si aprivano porte e finestre, circolava aria pura, si guardava
al dialogo e la Chiesa appariva capace di affrontare il mondo
moderno. Era un momento di grande gioia e di grande entusiasmo.
Una certa forza frenante in alcuni settori della Curia è anche
comprensibile perché la Curia era abituata a tenere in mano tutto
e quindi vedersi sfuggire di mano le cose certamente non è piacevole.
Sono rimaste molte cose a quelli che hanno vissuto il Concilio,
hanno fatto un passo importantissimo nella loro vita e hanno avuto
una fiducia nuova nella possibilità della Chiesa di parlare a
tutti (…) È stata una grande ricchezza per la nostra Chiesa».
Lo scorso giugno, in occasione di una visita al Cardinale avevo
chiesto al suo Segretario, don Damiano Modena che nell’ultima
fase della vita del Cardinale lo ha amorevolmente accompagnato
con affetto di figlio, se era pensabile una ripresa video che
avrei proiettato nella mia parrocchia in occasione dell’inizio
della Cattedra del Concilio. La risposta era stata negativa. Don
Damiano mi disse che il Cardinale avrebbe potuto inviare un breve
messaggio ma una ripresa video era da escludere. Non mi sono dato
per vinto e facendomi coraggio ho rivolto la domanda direttamente
al Cardinale.
Ricordo che quando gli parlai del nostro progetto di una CATTEDRA
del Concilio il suo sguardo si illuminò. Certamente gli tornò
alla mente l’esperienza così singolare e significativa della Cattedra
dei non credenti, da lui voluta per diversi anni a Milano. Un’iniziativa
controversa che moltissimi hanno salutato come grande occasione
di dialogo ma che qualche commentatore nei giorni della morte
del Cardinale ha ricordato come infelice iniziativa da dimenticare!!!
Pronta e favorevole la risposta del Cardinale alla mia richiesta.
Così, il 25 luglio abbiamo realizzato quell’ultimo struggente
ricordo del nostro amatissimo arcivescovo. Un ricordo espressamente
realizzato per la nostra comunità, quasi un lascito per tutti
noi.
Nelle prossime sei serate della Cattedra del Concilio vorrei sempre
aprire con un video che presenti il tema e mi piacerebbe non mancasse
mai il volto e la parola del Cardinale.
Terminata la serata e riaccompagnato il Relatore a Como, mi sono
coricato felice e con il cuore colmo di gratitudine: ho ringraziato
il Signore che ha ispirato papa Giovanni XXIII ideatore e iniziatore
del Concilio, ha assistito Paolo VI nel non facile compito di
portare a termine e applicare il Concilio, ha donato per ventidue
anni alla nostra Chiesa milanese la guida illuminata del cardinale
Martini che ha realizzato in mezzo a noi quello che è forse il
frutto più prezioso del Concilio: l’amore per la parola di Dio.
Ci aspettano sei serate, tutte affidate a Maestri di altissimo
profilo che prontamente e generosamente si sono resi disponibili
per questo percorso. Sarà questo il nostro modo di vivere l’anno
della fede voluto da papa Benedetto. E proprio pensando al Concilio
e all’anno della fede ho preparato un libriccino che don Paolo
ed io porteremo in tutte le case a partire dal 5 novembre, per
l’annuale visita prenatalizia alle famiglie.
Ha come titolo: PAROLE DEL CONCILIO PER UNA FEDE ADULTA.
Ho ripercorso i testi conciliari per cavarne alcune “perle”, parole
illuminanti per un cammino di fede. Avevo preparato questo libriccino
durante il mio soggiorno estivo a Parigi inviandolo a don Paolo
per una prima lettura. Decisione felice. Se non l’avessi inviato
adesso mi toccherebbe riscrivere il lavoro dal momento che ‘ignoti’
nella notte di domenica 14 ottobre si sono introdotti nella casa
parrocchiale e scassinata la porta del mio ufficio hanno portato
via il mio computer con quanto vi avevo messo in memoria. Tra
le altre cose il libriccino natalizio. Nel mio ufficio vi erano
anche due biciclette, la mia vecchia e la nuova – una prestigiosa
bici costruita da Pietro Detto – dono della parrocchia per i miei
70 anni. Naturalmente la vecchia è rimasta e la nuova è sparita…
don
Giuseppe
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BUON
GRANO E ZIZZANIA
omelia
di don Giuseppe
nella VII domenica dopo il martirio di San Giovanni
domenica 14 ottobre 2012
(Is 43, 10-21; 1Cor 3, 6-13; Mt 13, 24-43)
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IL
VALORE STORICO DEL CONCILIO
Riportiamo la prima parte della
lezione di don Saverio Xeres per la Cattedra del Concilio. Il
testo, cortesemente trascritto dal sig. Bruno Natali, che ringraziamo,
mantiene lo stile parlato e non è stato rivisto dall’Autore.
Il
Concilio è stato annunciato da papa Giovanni XXIII nel 1959. Era
Papa da 3 mesi, un papa di ottantanni, doveva essere un papa di
transizione, in ragione dell’età avanzata e invece si inventa
il Concilio. Il Concilio è stato preceduto da una lunga preparazione
e prima ancora da un’inchiesta. Il Papa ha mandato a tutti i vescovi,
alle facoltà teologiche e ai superiori religiosi, non uno schema
già predisposto, come voleva la Curia, ma la semplice richiesta
di esprimere il proprio parere. Dopo questa raccolta di pareri,
durata un anno, è iniziato il lavoro delle dodici commissioni
per preparare le bozze dei documenti da sottoporre alla discussione
dei Padri conciliari. Queste commissioni erano composte da più
di ottocento persone, un numero superiore a quello dei vescovi
partecipanti ai Concili precedenti. Ma la cosa più bella ancora
quale è stata? Questi 70 documenti sono stati cestinati tutti
eccetto quello sulla liturgia. E questo vuol dire che il Concilio
non si è limitato a sottoscrivere dei testi già preparati ma ha
lavorato con libertà.Cercherò di spiegare che cosa è stato il
Concilio esaminando il titolo: Concilio Ecumenico Vaticano secondo.
Prima parola: Vaticano secondo. Perché Secondo? Questo
nome l’ha scelto papa Giovanni, che non era affatto quel sempliciotto
che taluni vorrebbero. Nato in una famiglia contadina della Bergamasca,
Angelo Giuseppe Roncalli aveva avuto una significativa carriera
e una qualificata preparazione culturale e diplomatica. Era soprattutto
un uomo di interiore semplicità, di quella semplicità evangelica
che è il valore più grande.
E comunque ha voluto che si chiamasse Vaticano II per segnare
appunto una discontinuità con il precedente Concilio, il Vaticano
I del 1870 che era stato sospeso a seguito dell’entrata dei Bersaglieri
a Porta Pia per occupare Roma e farne la capitale del nuovo Regno
d’Italia. C’era il problema giuridico di un Concilio sospeso e
mai veramente concluso. E infatti sia Pio XI che Pio XII pensarono
di riprenderlo e concluderlo, ma non se ne fece nulla. Per Giovanni
XXIII il Vaticano II sarà un nuovo Concilio, non la conclusione
del precedente. Ma c’è una questione ancora più profonda di natura
teologica. Il Vaticano I aveva definito l’infallibilità del Papa,
a certe condizioni. A questo punto, taluni pensavano che se c’è
un Papa infallibile non c’è ragione di convocare tutti i vescovi
da tutto il mondo. Il Papa non basta forse per tutti? Si dice
che al Vaticano I un cardinale della Curia aveva detto a un vescovo
francese: «È bello che veniate da tutto il mondo a Roma per capire
che possiamo fare anche senza di voi». Per questo molti pensavano
che non vi sarebbe più stato un Concilio. Quindi la scelta di
papa Giovanni di celebrare il Concilio Vaticano II vuole dire:
non intendiamo semplicemente concludere il precedente, vogliamo
un nuovo Concilio perché si può ancora fare un Concilio. C’è un
continuità di contenuto tra Concilio Vaticano II e Concilio Vaticano
I. Lo precisa il card. Montini nel discorso di Sant’Ambrogio del
1962: il Concilio doveva necessariamente riconnettersi al Vaticano
I sul tema della Chiesa, perché là si era parlato del vertice
della Chiesa, il Papa, e ora si doveva guardare all’intero corpo
della Chiesa.
Il Concilio è stato preparato da un insieme di studi, ricerche,
dinamismi. In primo luogo dagli studi biblici secondo il metodo
storico-critico. Giovanni XXIII riprese l’affermazione di Leone
XIII: la Bibbia doveva essere l’anima di tutta la teologia. In
precedenza la teologia, cioè la presentazione della visione cristiana,
veniva elaborata su base prevalentemente razionale dando luogo
ad un sistema filosofico nel quale ogni tanto si citavano i testi
della Bibbia ma come pezze d’appoggio, ma non si partiva dalla
Bibbia, dalla storia della salvezza. E invece lo studio della
Bibbia fa sì che riemerga quest’idea che la teologia non è cosa
astratta, ma è ripetere in modo più sistematico, più ordinato
ciò che Dio ha fatto fin dall’inizio del mondo e soprattutto in
Gesù, il suo comunicarsi, il suo svelarsi, il suo donare se stesso.
Teologia non come un insieme di dottrine ma come storia di salvezza
nella quale Dio rivela se stesso. Un secondo elemento di rinnovamento
è la liturgia: capire che la Chiesa non è qualcosa di astratto
e giuridico, ma un corpo vivo e nel corpo della Chiesa alita,
palpita una vita, la vita stessa di Dio, la vita di Cristo, dello
Spirito che proprio nella liturgia si manifesta. Quindi noi possiamo
tutti attingere da questa vita e questo ha delle conseguenze importantissime
sull’idea di Chiesa, perché se la Chiesa è il corpo di Cristo,
come dice San Paolo, tutte le membra hanno eguale dignità, dal
Papa all’ultimo fedele. Ciò che ci unisce è molto più importante
di più di ciò che ci divide o che ci distingue, perché ci unisce
la vita stessa di Dio.
Il terzo elemento è l’approfondimento del senso della missione:
Novecento e Ottocento avevano conosciuto un grande sviluppo della
missione ad gentes con importanti iniziative missionarie. Comincia
ad emergere il problema dell’Europa e della crisi del cristianesimo
nel vecchio Continente. Ma soprattutto si comprende sempre meglio
che la Chiesa vive la missione perché Dio è il primo grande missionario,
è Lui che comunica la sua vita: la Chiesa non può fare altro che
sentirsene investita e lasciarla trasparire dappertutto. Il fondamento
teologico della missione viene da Dio e la Chiesa è investita
da questa missione e ne deve diventare partecipe, aprendosi a
tutti. Legato al tema della missione nei decenni che precedono
il Concilio è il tema ecumenico. Se la Chiesa è il riflesso della
vita di Dio, vita di comunione, come possiamo accettare la divisione?
Esattamente nel 1910 quando si avviò la Conferenza sulle missioni
si capì che non potevamo predicare il Vangelo divisi: cattolici,
protestanti, anglicani, ortodossi, dobbiamo essere uniti, altrimenti
non predichiamo più la parola di Cristo.
Fin
qui ho sommariamente tracciato lo sfondo del Vaticano II: il Concilio
riassume tutto questo movimento che dal Vaticano I era rimasto
come bloccato. Riemerge una dimensione della Chiesa non giuridica,
non esteriore, ma interiore e spirituale, misterica, cioè la vita
di Cristo. Il Concilio assume e valorizza tutto questo lavoro
che è stato fatto ai margini, spesso anche combattuto.
Seconda
parola. Vaticano. Perché si è chiamato Vaticano? Perché
si svolge in San Pietro, sul colle Vaticano. Nel Medio Evo i Concili
che si facevano a Roma si tenevano in Laterano perché quella era
la sede antica del Papato. Ci fu anche l’idea di tenere il Concilio
a San Paolo fuori le Mura, dove Giovanni XXIII l’aveva annunciato
e allora forse si sarebbe chiamato Ostiense, appunto perché siamo
sulla via di Ostia. Il Colle Vaticano dal 1870 era diventato una
zona straniera perché lì si era rinchiuso il Papa nei giorni della
presa di Roma. Solo nel 1929 sarà riconosciuto come Stato con
i Patti lateranensi ed è diventato lo Stato della città del Vaticano.
Una Chiesa buttata fuori non solo dall’Italia ma dalla modernità,
una Chiesa che si è chiusa su se stessa. Il Vaticano II è appunto
il Concilio che trova la Chiesa in questa situazione di blocco,
di contrasto con la modernità. Se leggiamo l’introduzione al documento
del Vaticano I troviamo una visione catastrofica del mondo moderno
segnato dalla negazione del vero Dio: così che la mente di molti
è precipitata nel baratro dell’errore. Per questo, dichiara il
Vaticano I: «Non abbiamo mai cessato di insegnare di difendere
la verità cattolica e di riprovare le perverse dottrine pericolose,
per cui abbiamo deciso di professare in questo Concilio e di dichiarare
da questa cattedra di Pietro al cospetto di tutti la salutare
dottrina di Gesù Cristo. Proscrivendo e condannando gli errori
contrari in nome di un’autorità che ci è stata data da Dio». Questa
è una visione che possiamo dire apocalittica, secondo la quale
il mondo sarebbe solo male perché ha abbandonato il cristianesimo.
Per fortuna che c’è un baluardo in difesa della verità ed è il
papato. Ecco perché il Papa viene esaltato cosi, perché è quello
che fa da argine a questo decadimento totale. Questa è la prospettiva
del Vaticano I. Vi indico un altro testo di papa Giovanni, quando,
con la Bolla Humanae salutis, del Natale 1961, indice il Concilio
e ne illustra il significato. La prospettiva è completamente diversa:
l’umanità è alla svolta di un’era nuova, la modernità; compiti
di una gravità e ampiezza immensa attendono la Chiesa che si sente
messa in gioco. Si tratta infatti di mettere a contatto con le
energie vivificanti e perenni del Vangelo il mondo moderno. Dobbiamo
far sì che questo mondo nuovo continui ad essere in contatto con
il Vangelo.
Possiamo capire perché un uomo semplice e anche tradizionale come
papa Giovanni ha potuto avere l’idea di un Concilio: un’idea tanto
semplice quanto profonda. Il mondo cambia, il mondo è nell’epoca
moderna, ma anche l’uomo moderno ha diritto di ricevere il Vangelo
perché Gesù Cristo è per tutti anche per l’uomo moderno, dunque
anche quando il mondo cambia la Chiesa deve essere pronta ad annunciare
il Vangelo. Questo è il suo compito, il compito di una Chiesa
tesa tra Cristo che vuole la salvezza di ogni uomo e l’uomo che
è in ricerca.
Questo vuol dire che il Vaticano II non soltanto deve raccogliere
le novità del Novecento, questo sviluppo che abbiamo detto, ma
affronta la questione della modernità, una questione irrisolta
da secoli. Ma che cosa intendiamo per “modernità”? È l’epoca delle
più grandi novità mai avvenute nella storia dell’Occidente. Pensiamo
alle scienze, pensiamo al senso della coscienza personale, al
valore dell’individuo e dell’autodeterminazione per cui i popoli
scelgono da se stessi il proprio destino. Non c’è più un potere
assoluto che governa su tutto e poi l’emergere dei problemi sociali,
della questione operaia, il grande sviluppo del mercato, la globalizzazione.
Epoca di grandi novità, ma davanti a queste novità la Chiesa aveva
avuto un atteggiamento di sospetto, a volte addirittura di opposizione.
Infatti il Vaticano I aveva rappresentato il culmine di questa
visione negativa nei confronti della modernità perché tale epoca
sembrava aver abbandonato il cristianesimo. E invece il Concilio
afferma che, davanti alla modernità, bisogna continuare ad annunciare
il Vangelo. Il Concilio non dice: adeguiamoci alla modernità,
ma guardiamola con attenzione critica. Così il Concilio chiude
un discorso che era rimasto irrisolto per secoli.
Ma c’è di più: l’epoca moderna non è solo l’epoca delle novità
è l’epoca della novità. Moderno è termine che viene dal latino
‘modo’ che vuol dire adesso. Modernità vuol dire consapevolezza
di un uomo che vuole decidere del suo destino, può cambiare il
corso delle cose, il corso della storia, perché se ne sente responsabile.
Tutto questo è nuovo. Nella cultura classica questo senso non
c’era. L’uomo greco, l’uomo di quel tempo in cui è nato il cristianesimo,
era un uomo che guardava a ciò che permane, all’essere pensato
come motore immobile. Per conseguenza tutto ciò che si muove è
negativo, compresa la vita umana che è un soffio effimero. Il
Medio Evo ha costruito tutto su questo una visione statica della
cristianità. Qui manca il senso della storia che è tipico dell’uomo,
un valore dimenticato.
Come il Concilio ha recepito questa novità? Non adeguandosi, ma
rendendosi conto che questa epoca moderna non riesce più a capire
il cristianesimo perché il cristianesimo è legato a uno schema
vecchio che bisogna mettere in discussione. Intanto rinnovando
il linguaggio. Per esempio il termine storia compare nel Vaticano
II per la prima volta: nei precedenti Concili non è mai stato
usato. Eppure questa parola è fondamentale: Dio si rivela nella
storia, questa espressione, viene usata per la prima volta nel
Concilio Vaticano II. Dio non ha forse fatto una storia con l’uomo?
Adamo, Abramo, Mosè non è storia questa? Gesù Cristo non ha vissuto
una storia? Ma dunque è Dio che si è rivelato dentro a questa
realtà storica. Questa riscoperta della storicità, propria del
mondo moderno ha fatto riscoprire un elemento che era caratteristico
del cristianesimo ma era stato dimenticato. Questo fatto di un
Dio che non è appunto una entità fissa. È invece qualcuno che
si coinvolge, che fa una storia con l’uomo, che si mette a contatto
e in rapporto e da ogni rapporto nasce una storia. Anche il tema
della storia della salvezza, espressione che prima non esisteva,
sta a dire che la salvezza è una storia, una realtà dinamica.
La Chiesa sta dentro un torrente che arriva più da lontano, torrente
di vita, la vita di Dio, che va ben al di là della chiesa stessa.
Questo è il fondamento teologico del dialogo. Il Concilio non
vuole il dialogo per fare sfoggio di modernità e quindi parliamo
con tutti, per essere à la page. Il fondamento del dialogo è il
fatto che quel Dio che ha coinvolto questi poveri straccioni che
siamo noi, il popolo di Israele prima e adesso la Chiesa, non
si ferma qui! Non possiamo rinchiuderlo... è dappertutto. È un
ragazzaccio impenitente che non si può rinchiudere. Gesu Cristo
e il suo Spirito soffia dove vuole e quindi mi rendo conto che
può essere in ogni uomo generoso, ogni uomo che soffre, ogni uomo
che ama… Adesso queste affermazioni sono per noi ovvie, ma in
un passato non tanto lontano si diceva che solo dentro la Chiesa
c’era salvezza. Invece la visione misterica, cioè vitale della
fede ci fa riconoscere la presenza dello Spirito qui come fuori.
Lo possiamo riconoscere nei nostri fratelli cristiani, protestanti,
anglicani, ortodossi, e nelle religioni non cristiane, tra i mussulmani,
gli ebrei e anche in chi non crede in nulla ma, dice il Concilio,
con la coscienza segue la volontà di Dio.
Infine, proprio perché Dio agisce nella storia dell’uomo, non
agisce solo nella Chiesa. Ecco perché papa Giovanni, sempre in
quel discorso del 1961, dice appunto che anche nella storia c’è
l’azione di Dio mentre «anime sfiduciate non vedono altro che
tenebre gravare sulla faccia della terra». Questa è stata la posizione
della Chiesa nell’epoca moderna. Invece papa Giovanni scrive:
«Noi invece amiamo affermare tutta la nostra fiducia nel Salvatore
nostro» cioè non nel futuro ma in Gesù Cristo, «il quale non si
è allontanato dal mondo da Lui redento, anzi facendo nostra la
raccomandazione di Gesù di saper distinguere i segni dei tempi
– è questa un’espressione evangelica non un’invenzione di papa
Giovanni – ci sembra di scorgere in mezzo a tante tenebre indizi
non pochi che fanno bene sperare sulle sorti della Chiesa e dell’umanità».
Il Papa non dice soltanto che la Chiesa deve mettere il Vangelo
a contatto col mondo moderno, ma che già nel mondo moderno ci
sono segni positivi, perché Dio è in azione nel mondo. Quindi
la Chiesa non soltanto dà al mondo ma da esso riceve. Uno scambio,
un vero rapporto: quindi l’altro non è tutto negativo, io posso
dargli molto, ma molto posso da lui riceverere… Con una formula
tecnica possiamo dire che il mondo è un luogo teologico, un luogo
abitato dalla presenza dello Spirito.Guardiamo allora ai valori
terreni, alle vicende umane e ai valori umani, quindi l’amore,
la sofferenza, la gioia, la ricerca, la fatica, il lavoro, la
fantasia, la scienza… in tutto questo già c’è un bene, non perché
trattiamo queste realtà in un certo modo secondo le direttive
del Magistero della Chiesa, ma se rispettiamo la natura propria
di questi valori.
Dignitatis
humanae è un documento importantissimo, uno dei più belli, più
difficili, più impegnativi del Concilio riconosce la libertà di
coscienza: ogni uomo ha diritto di essere libero nel manifestare
quello a cui la coscienza lo ha portato. La coscienza è un segno
della dignità che Dio gli ha dato. Quindi non è il suo grado di
adeguamento alla verità che fa essere vero e dignitoso l’uomo,
ma in quanto ha questa capacità di cercare la verità. E diceva
papa Giovanni: Dio non abbandona nessuno, dunque ogni uomo ha
una sua dignità intrinseca.Questo è un altro passaggio che recepisce
tutta l’epoca moderna in cui il soggetto, la coscienza erano il
punto determinante. Certo, dobbiamo cercare il bene, è la tua
coscienza che ti deve condurre al bene. Possiamo concludere riconoscendo
che Concilio Vaticano II affronta, riapre il tema grandioso, della
modernità.
(la
seconda parte della relazione sarà pubblicata
sul prossimo numero di «Come Albero»)
PROSSIMO
APPUNTAMENTO DELLA
CATTEDRA DEL CONCILIO
nell’Anno della Fede
nella memoria del card. Martini
21 novembre 2012
Chiesa e dialogo
Enzo Bianchi
|
I
LUOGHI DELLA FEDE
L’oratorio,
per quest’anno, offre a tutte le famiglie che lo frequentano,
due nuove possibilità per vivere la comunità e la testimonianza
cristiana.
Chiamo queste esperienze I luoghi della fede, perché sono
fondamento e sostegno per il nostro cammino.
La prima proposta riguarda “il cuore della fede”, il luogo
sorgivo della nostra azione quotidiana. È l’incontro con l’Eucaristia,
che viviamo nella celebrazione ma anche nella contemplazione e
“conversazione”, che diventa “conversione” del nostro cammino,
alla sequela dei passi del Salvatore.
Riteniamo, infatti, che i frutti dell’anno della Famiglia possano
essere veri solo a partire dalla preghiera e attraverso la preghiera.
Con gioia, quindi, proponiamo un’ora di adorazione eucaristica
per tutte le famiglie della comunità cristiana.
Con cadenza mensile (di regola il terzo venerdì del mese) vivremo
questa realtà.
Concretamente: la chiesa sarà aperta alle 20.45, alle 21 ci sarà
l'esposizione di Gesù Eucaristia, poi lasceremo il silenzio, guidato
da una musica di sottofondo, per la preghiera personale.
Ci saranno alcuni schemi per i bambini, i giovani e gli adulti.
Alle 22 concluderemo la preghiera con la benedizione eucaristica.
Il primo incontro è stato venerdì 19 ottobre, il secondo sarà
venerdì 16 novembre!
La
seconda proposta: da qualche giorno si è aperto ufficialmente
l'Anno della fede (nel ricordo dell'Editto di Milano del 313).
Io vorrei viverlo con le famiglie dell'oratorio guidandole attraverso
i luoghi della fede di Milano.
Si tratta di conoscere alcune delle chiese più belle e storiche
della nostra città, attraverso il percorso della fede e dell'arte.
Inizieremo con la chiesa di San Satiro domenica 28 ottobre nel
pomeriggio.
In realtà questa iniziativa è rivolta esclusivamente alle famiglie
che frequentano l’oratorio, perché proposte simili sono già rivolte
agli adulti e ai Super..anta dai loro organizzatori!!!
Don
Paolo
L'UNIONE
FA LA FORZA!!!
Questa
è una storia a lieto fine, come quelle che leggevamo da bambini
e che terminavano con un “…e vissero felici e contenti….”. La
nostra storia termina con la realizzazione di un progetto ambizioso,
la realizzazione di un poliambulatorio attrezzato in una disastrata
periferia di una grande città nel nord est del Brasile… ma procediamo
con ordine.
A settembre del 2008 io, Paola, ed Angela, una pediatra ed una
infermiera pediatrica che prestano servizio presso un grande ospedale
di Milano, abbiamo trascorso una “vacanza alternativa” a Belem
(Parà).
Per varie settimane abbiamo vissuto presso un Convento di Frati
Cappuccini che da anni svolgono la loro missione nelle periferie
più povere della città. In particolare prestano servizio in un
quartiere, il “Pantanal”, dove vivono in condizioni di miseria
materiale e spirituale circa 400.000 persone di cui un terzo bambini.
In questo stesso quartiere agli inizi dell’800 sorgeva un lebbrosario,
allora la zona, sfuggita da tutti, si chiamava Tucunduba, dall’omonimo
fiumiciattolo, adesso che il lebbrosario è stato trasferito altrove,
l’area, poverissima, ha ricevuto vari nomi a seconda delle “invasioni”
di poveri…
Il nome Pantanal (che in italiano vuol dire Pantano) nasce dal
fatto che in questa zona il fango si trova in abbondanza e le
case sono delle palafitte costruite su acque limacciose collegate
tra loro da strette passerelle traballanti, ma piene di vita.
In questa realtà è inevitabile il diffondersi di patologie legate
alle scarse condizioni igieniche in cui vivono queste persone
costrette a convivere in piccoli spazi angusti ed umidi. L’assistenza
sanitaria, come in tutto il Brasile, è privata e pertanto troppo
spesso inaccessibile a persone che vivono nelle suddette condizioni:
per loro diventa impossibile anche accedere a presidi medici banali
quali un aerosol o un piccola medicazione di ferite che si infettano
con una facilità estrema.
Nel 2008 l’unica attività di assistenza sanitaria per gli abitanti
del quartiere si svolgeva negli spazi di un asilo che i frati
hanno costruito e che giornalmente accoglie circa 350 bambini
dai 2 ai 6 anni sottraendoli alla violenza della strada. Il piccolo
ambulatorio però non era specificatamente attrezzato ed era equipaggiato
solo con poche attrezzature di base, ma soprattutto l’attività
sanitaria veniva svolta saltuariamente da personale italiano espatriato
durante le vacanze estive su base prettamente volontaria come
noi. Dopo aver trascorso un mese a visitare a “cottimo” su un
improvvisato lettino siamo rientrate in Italia e lì abbiamo iniziato
a sognare… sognare un ambulatorio attrezzato in cui potesse operare
personale medico locale volontario per poter garantire un’assistenza
continuata e di adeguato livello. Consapevoli che… “se un uomo
sogna da solo, il sogno rimane solo un sogno, ma se molti uomini
sognano insieme, il sogno diventa realtà”, tornate in Italia abbiamo
“contagiato” amici e parenti con il nostro sogno e nel febbraio
2009 abbiamo fondato l’associazione Amici del Pantanal di frei
Daniel con il preciso scopo di promuovere iniziative volte a raccogliere
fondi per la realizzazione dell’ambulatorio…
Le iniziative promosse sono state tante…. la realizzazione e la
vendita di un calendario, una mostra fotografica, bomboniere di
Battesimi e Comunioni, un coro di bambini, alcuni spettacoli teatrali,
pesche di beneficienza e piccoli mercatini di beneficienza del
contesto di fiere di paese, ma soprattutto tante tantissime donazioni
frutto del sacrificio di persone vicine e lontane che hanno creduto
in noi e nel nostro progetto, non vogliamo dilungarci descrivendole
tutte, ma sono state tutte registrare nella nostra memoria e nel
nostro cuore. A maggio 2010 avendo raggiunto la metà dell’importo
necessario alla realizzazione del progetto abbiamo dato il via
ai lavori. Per la costruzione delle fondamenta si è reso necessario
il prosciugamento del terreno paludoso e questo ha comportato
un netto incremento del preventivo, ma fortunatamente il nostro
progetto ha trovato nell’Associazione Familiare conVOI Onlus,
un valido alleato per poter partecipare al concorso di Fabbrica
del Sorriso (edizione 2009). Il nostro progetto è stato positivamente
giudicato e quindi, grazie al finanziamento ottenuto, siamo riusciti
ad andare avanti… e mattone dopo mattone il 13 maggio 2012 Angela,
io e Gina (Fabbrica del Sorriso ONLUS di Mediaset) siamo partite
alla volta del Pantanal per assistere all’inaugurazione del poliambulatorio…
Incredibile… in soli due anni siamo riuscite a costruire un poliambulatorio
di circa 200mq… Cinque studi attrezzati in cui al momento prestano
servizio un cardiologo che quotidianamente esegue elettrocardiogrammi
e visite, un dentista che si reca in ambulatorio due volte alla
settimana ed un ginecologo che effettua visite settimanali.
Il personale medico è specializzato e presta il suo servizio a
titolo gratuito. L’ambulatorio è affidato alle “cure” di due infermiere
regolarmente pagate dal governo (che fin dall’inizio del progetto
si è reso estremamente generoso nei nostri confronti, basti pensare
che il terreno sul quale è stato costruito l’ambulatorio ci è
stato regalato dal governo stesso), inoltre fanno parte dello
staff altre quattro persone che si occupano delle pulizie, gestione
e registrazione dei pazienti etc.. Al momento si è reso disponibile
anche un oculista, ma ancora non ha a disposizione le attrezzature
necessarie alla sua attività, il suo ambulatorio verrà attrezzato
entro la fine dell’anno grazie alla generosità dell’ONLUS Filo
Diretto. Manca all’appello il/la pediatra… speriamo si riesca
a trovarlo al più presto!
All’ambulatorio possono accedere pazienti di qualsiasi età, senza
discriminazione di sesso o di religione, con patologia acuta e
cronica gestibile in struttura ambulatoriale, e nella stessa sede,
ricevono le cure necessarie. Ai pazienti con possibilità economiche
viene richiesto il pagamento di una quota minima pari alla copertura
delle spese farmaceutiche, per coloro che non possono le stesse
prestazioni vengono effettuate a titolo assolutamente gratuito.
Ecco la nostra storia si è conclusa con il lieto fine, in realtà
non si è ancora conclusa, siamo andate ad inaugurare l’ambulatorio,
ma l’attività è appena iniziata e sarà nostra premura supervisionare
l’andamento dell’attività perché possa continuare ad operare in
modo proficuo ed in assoluta autonomia. È stata una bellissima
esperienza, inizialmente pareva solo un sogno, ma ora che è diventata
una realtà tangibile, vogliamo ringraziare tutti coloro che ci
hanno sostenuto e che ci sono state affianco durante questi due
anni credendo in noi e nella possibilità di realizzazione del
progetto. Tutti quelli che ci hanno aiutati, dal più piccolo al
più grande, sono i veri eroi di questa storia e a loro va la nostra
gratitudine, ma soprattutto di tutti coloro che trarranno beneficio
da questa iniziativa.
A tutti coloro che ci hanno aiutato è stato dedicato il centro
di salute, non potendo scrivere tutti i loro nomi, abbiamo deciso
di intitolarlo… ITALIANOS AMIGOS DO PANTANAL!!!
GRAZIE DI CUORE A TUTTI!
IL
FUTURO DI PIAZZA BERNINI
La sera del 9 ottobre u.s. la parrocchia ha organizzato un’assemblea
sul futuro di piazza Bernini. Gli assessori Castellano e Maran
hanno illustrato lo stato della vertenza e risposto alle interrogazioni
dei numerosi partecipanti. Mentre ringraziamo gli assessori che,
come si dice “hanno messo la faccia” in una vertenza che rimanda
alle responsabilità della precedente amministrazione comunale,
riportiamo la lettera dell’assessore Castellano.
Egregi
Signori,
di seguito, come richiesto, una breve nota degli impegni assunti,
in accordo con l'assessore Maran, durante la riunione del 9 ottobre
u.s. presso la vostra parrocchia.
Nelle
prossime settimane il Comune prenderà possesso della piazza; entro
un mese dalla presa in possesso della piazza si avvieranno i lavori,
che prevederanno il ripristino della circolazione intorno alla
rotatoria, la riapertura di via Fucini, la messa in sicurezza
dei marciapiedi, una prima serie di piantumazioni e la durata
dei lavori sarà di 3-4 mesi.
Tutto
è tuttavia subordinato all'evoluzione del giudizio pendente, e
agli elementi di novità che lo stesso potrà fare intervenire.
In attesa della decisione del giudice sul ricorso promosso dalla
Cooperativa avverso la decisione dell'Amministrazione comunale
di interrompere il rapporto convenzionale per inadempimento della
Cooperativa medesima, l'Amministrazione avvierà il percorso con
la Soprintendenza per elaborare nuove ipotesi progettuali relative
alla sistemazione definitiva della piazza, che avrà tempi amministrativi
ordinari.
In
merito alle somme dovute ai soci non sussistono i presupposti
per procedere al rimborso tramite denaro pubblico.
Cionondimeno, questa Amministrazione si rende disponibile ad esaminare
qualsiasi proposta che, a costo zero per l'Amministrazione, possa
condurre ad un recupero delle somme anticipate dagli acquirenti.
In tal senso ci risulta che la cooperativa abbia nel proprio patrimonio,
quasi 50 box invenduti suddivisi tra il parcheggio di Facchinetti/Bellosio
e quello di Dalmazia, ove la cooperativa decidesse di vincolare
le vendite di tali box al risarcimento degli acquirenti di Bernini,
l'amministrazione sarebbe disponibile a mettere in campo tutte
le azioni amministrativamente difendibili per agevolare tale vendite.
Cordiali
saluti.
Lucia Castellano
Assessore Casa, Demanio, Lavori Pubblici
Giovedì
25 ottobre alle ore 18.00
don Dino Pezzetta
che ha prestato servizio nella nostra parrocchia
celebrerà la S. Messa nel ricordo
dei suoi 50 anni di sacerdozio
OSPITI
ALLA TUA CENA
Da
tre anni la Diocesi di Milano ha fatto spazio nella sua Liturgia
a un nuovo lezionario. Don Angelo Casati in questo libro ripercorre
le letture bibliche che vedono la comunità riunita nelle domeniche
e nelle festività dell’Anno C del ciclo liturgico. Il suo commento
ama scavare nella miniera del Primo e del Secondo testamento,
portandone all’aria aperta dei nostri giorni qualche pagliuzza
dell’oro che vi riluce. (dal risvolto di copertina) .
ANGELO
CASATI
Ospiti alla tua cena
Commento al lezionario festivo secondo il rito ambrosiano
Anno liturgico C
Centro Ambrosiano,
Milano 2012, pp. 320, € 19,90
Pensando
di fare cosa gradita riportiamo parte della Presentazione del
libro
(…) Un libro come questo, di riflessioni puntuali e “sentite”
sulle letture domenicali dell’anno liturgico ambrosiano, è prezioso
perché interpella la nostra sensibilità. Sensibilità alla Parola
di Dio. Sensibilità alla memoria della Cena del Signore. Sensibilità
alla comunione con i fratelli e le sorelle in umanità e fede.
Sensibilità a quanto di umano c’è in noi. Sensibilità che è un
sentirsi ospiti attesi, desiderati, invitati da sempre. Un sentirsi
amici del Signore e tra noi, pronti a far circolare nella storia,
piccola e grande, quei modi di essere, di pensare e di guardare
che furono propri di Gesù. Ci viene indicato un modo di ascoltare
le Scritture ricercando tra le pieghe delle culture e dei linguaggi
antichi la Parola che parla sempre e che si propone appunto alla
sensibilità dell’intelligenza (intus-legere) per diventare vita
per l’oggi, carne della nostra carne. (…)
Ecco: mi sembra che da questo libro possiamo trarre riconoscenti,
oltre ad altre, queste indicazioni che si riassumono – e mi pare
molto bello – nell’”immagine del grembo”. Dio è il grembo perenne
che ci porta dentro di sé, che ci dà la linfa vitale, che ci rende
“creature” in continuo divenire, in continua creatività, che ci
tiene nel suo cuore, che ci vuole consapevoli di questo: e per
questo ci parla.
E anche noi siamo grembo, entro cui far maturare come in un nido
caldo la vita, entro cui portare i nostri fratelli e sorelle con
tenerezza e compassione, riscoprendo le radici di una vita comune
donata e proposta come amore.
In questo consiste la “novità”: che non è desiderio di cose straordinarie,
insolite, ma lucidità di sguardo che rende giovane ciò che guardi
e ascolti.
Un po’ come l’erba, l’umile erba, sempre uguale a se stessa, ma
sempre diversa nella sua freschezza e nell’abbandonarsi alla luce
e al vento leggero che la rende più viva e smagliante. Testimone
indicibile di semplicità e piccolezza, di silenzio eloquente.
Teresa
Ciccolini
Dalla
mia povera soglia
del mio avvistamento
busso alle finestre
della tua cena
…
e dimora
all’infinito migrare
una tenda:
ombre segrete,
parole dissepolte,
luce
che trema
sui volti.
FIERA
DEL LIBRO
Sabato
24 e domenica 25 novembre
in Oratorio
dalle 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 19
Per
i vostri regali di Natale…
Novità editoriali, grandi classici, libri per bambini
testi di riflessione e studi biblici
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Nella
Comunità parrocchiale:
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hanno
ricevuto il battesimo
SARA
MAFFEZZOLI
FEDERICO FACOETTI
LEONARDO PETA
ANDREA RIMOLDI
DEA CAMPOLONGO
ALICE PICARDI
ROSSELLA SPECCHIER
abbiamo
affidato ai cieli nuovi e alla terra nuova
LAURA
BOCHICCHIO (a. 79)
LUIGI LEONIDA (a. 71)
GIUSEPPE GIANANTONIO CEREDA (a. 62)
ELENA SINISCALCHI (a. 100)
FRANCA COLOMBO (a. 83)
MARIO MOIA (a. 79)
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