PER
LE GIOVANI COPPIE
La
preparazione al matrimonio è oggetto di grande cura da parte della
comunità cristiana. I corsi prematrimoniali sono ormai una pratica
consolidata.
I primi anni dopo il matrimonio meritano eguale attenzione e per
questo pensiamo di offrire alle giovani coppie l’opportunità di
incontrarsi, riflettere insieme sull’esperienza che stanno vivendo.
Il
primo incontro sarà
giovedì 24 settembre alle ore 21.00
in
via Pinturicchio 35.
Abbiamo
aderito alla proposta di partecipare al gruppo per giovani coppie
perché pensiamo che sia importante avere un momento di riflessione
e di spiritualità, che non sia lasciato al caso, ma guidato da
una persona che stimiamo e condiviso con altre coppie giovani
come noi. Sentiamo forte l'esigenza di completare il percorso
di fede, che abbiamo iniziato sia individualmente, sia come coppia,
per far sì che la nostra famiglia sia veramente una famiglia in
cui dimori l'amore cristiano e che sia, nello stesso tempo, anche
aperta agli altri. Per condividere con gli altri le nostre esperienze
quotidiane e riflettere su quelle altrui.
Ilaria
e Francesco
Pensando
alle ragioni che ci fanno aderire con entusiasmo alla proposta
di don Giuseppe di iniziare un percorso per giovani coppie, ci
viene subito in mente il desiderio di confrontarci con chi ha
già vissuto – o come noi sta iniziando a vivere – l’inizio del
cammino matrimoniale. Per noi che siamo sposati da solo un anno,
è infatti importante sentirsi sostenuti attraverso lo scambio
con chi vive la stessa esperienza e accompagnati dalla guida spirituale
di Don Giuseppe in un cammino di riflessione sul significato profondo
del matrimonio. Da questa occasione di incontro speriamo che possa
anche nascere una rete di relazioni profonde e solidali tra famiglie
del quartiere, superando insieme la tentazione di chiudersi ciascuno
all’interno del proprio piccolo mondo.
Ivan
e Rossana
PER
RICORDARE I 75 ANNI
DELLA NOSTRA PARROCCHIA
domenica
4 ottobre
Festa dell’oratorio
martedì
6 ottobre
Concerto dell’Ensamble Barocca dei Pomeriggi Musicali
giovedì
8 ottobre ore 21.00
Incontro con Ferruccio de Bortoli
direttore del Corriere della Sera e nostro parrocchiano
Che cosa la città chiede alla Chiesa
sabato
10 ottobre 2009 ore 18.00
Celebrazione eucaristica presieduta da s.e. mons. Carlo Maria
Redaelli
vicario generale della Diocesi e nostro parrocchiano
al termine della celebrazione aperitivo di festa per tutti
lunedì
19 ottobre ore 21.00
Incontro con Vito Mancuso
docente di teologia all’Università Vita e Salute del San Raffaele
di Milano
Quale futuro per il cristianesimo
lunedì
9 novembre ore 21.00
Incontro con Erri de Luca
scrittore
Parole della Scrittura per la città
martedì 24 novembre ore 21.00
Incontro con Jean-Robert Armogathe
docente di storia del cristianesimo all’Università di Parigi-Sorbona
già parroco a Parigi
L’esperienza della Chiesa francese
Gli
incontri si terranno in oratorio entrando da via Pinturicchio,
35 o da via Nöe
UNA
VACANZA SPECIALE
4
luglio 2009: anniversario dell’ indipendenza americana o, di sicuro
più importante, giorno in cui i ragazzi delle medie sono saliti
in montagna a Marilleva con l’oratorio?
L’hotel era un grande pezzo di cemento sulla montagna, non era
molto bello, ma se si è con don Paolo non è per niente importante.
Il primo giorno abbiamo fatto una piccola passeggiata, durante
la quale c’erano molti esercizi come flessioni, piegamenti, addominali
e… torture che consistevano nel bloccare un ragazzo su un tavolo
e fargli il solletico.
Tutte le sere abbiamo fatto dei giochi molto belli seguiti dalla
preghiera e poi tutti in camera a (far finta di) dormire. Nei
giorni successivi il tempo è stato brutto e il don ci ha portato
al palazzetto dello sport dove abbiamo giocato a calcio e a pallavolo.
Ovviamente non potevamo finire senza aver fatto una passeggiata
lunga e così è arrivato il giorno fatale... anche se in realtà
ci siamo divertiti molto.
Questa
vacanza ha sviluppato molto lo spirito di gruppo: infatti nei
giochi serali, nelle squadre ognuno era necessario e perciò nessuno
veniva escluso. Facendo così, chiunque conosceva quasi tutti i
ragazzi presenti alla vacanza.
Un
discorso molto bello è stato quello del perdono: abbiamo parlato
della differenza tra chiedere scusa e chiedere il perdono: scusa
è una parola più “banale”, che per esempio si dice anche nel tennis,
quando si prende il nastro della rete ma la palla scivola di là
lo stesso. Mentre la parola perdono si usa quando hai rimorso
di quel che hai fatto e quando tieni alla persona con cui hai
litigato.
Questa vacanza è servita molto a tutti, sia come esperienza religiosa
ma anche come divertimento collettivo in cui ognuno ha dato il
meglio che poteva. Insomma io non vedo l’ora di andare di nuovo
l’anno prossimo col don in montagna !!!!!!!
Andrea
FESTA
DELL'ORATORIO
DOMENICA 4 OTTOBRE 2009 ...
"C'È DI PIÙ!"
ore
10.00: S. MESSA
al
termine si scende in Oratorio per i giochi
ore
12.30: PRANZO PER I BAMBINI E I RAGAZZI
(iscrizioni in oratorio 5€ entro venerdì 2 ottobre)
ore
14.00: GRANDI GIOCHI INSIEME
ore
16.30: MERENDA E ...
riviviamo l'estate: istantanee dalle vacanze insieme
UN
ANNO "DI RIPOSO IN DIO"
IL NUOVO PERCORSO PASTORALE
Riportiamo
alcuni ampi stralci dell’Omelia pronunciata dal nostro Cardinale,
Dionigi Tettamanzi, nella Solennità della Natività della beata
Vergine Maria lo scorso 8 settembre
Carissimi,
iniziamo l’anno pastorale nella fede: nella preghiera chiediamo
a Maria – che proclamiamo “beata perché ha creduto” – di poterlo
vivere giorno dopo giorno come un cammino di fede personale
e comunitario. […] Solo la fede può illuminare la verità delle
persone e della loro storia, cogliere il significato profondo
del vissuto quotidiano. Una verità e un significato che ci provengono
dalla nostra relazione con Dio, il Padre del Signore nostro
Gesù Cristo. Sì, solo la fede, solo la fede vera può giungere
ai segreti più nascosti e affascinanti del nostro cuore, di ogni
cuore umano.
La
fede è accoglienza attenta, commossa, trepida, stupita della
presenza di Dio che entra nelle vicende degli uomini per salvarli,
perché li ama, li ama come figli. Ma questa presenza di Dio non
è un principio intellettuale, astratto come un’assenza; non è
un oggetto, inerte come un idolo; non è l’imporsi di una legge,
gravosa come un giogo che umilia la libertà.
La presenza di Dio è il manifestarsi della sua gloria,
splendida come la gioia, commovente come un abbraccio, sorprendente
e tremenda come una vertigine, illuminante perché è la rivelazione
del significato ultimo di ogni cosa. Solo la fede è la via che
consente a Giuseppe di intendere il significato del mistero che
si compie in Maria e di parteciparvi con tutta la sua libertà
e il suo amore. La storia minima del dramma personale di Giuseppe
nei riguardi di Maria sfugge alla cronaca del tempo, a quella
storiografia che racconta solo di imprese e di personaggi illustri.
I credenti però vi riconoscono il manifestarsi della gloria di
Dio, accolgono la presenza dell’Emmanuele, il Dio-con-noi che
reca l’annuncio e l’offerta della salvezza. Così Maria e Giuseppe
sperimentano la beatitudine della fede: il Dio altissimo, il creatore
del cielo e della terra, il Dio dei nostri padri ha posto la sua
tenda in mezzo a noi e noi così abbiamo potuto vedere la sua gloria.
La
gloria di Dio – dobbiamo confessarlo – non si rivela come
uno spettacolo da ammirare, come un oggetto da contemplare. Si
rivela invece come un’annunciazione, come una chiamata
a entrare nella comunione con Dio fino al punto da essere a servizio
del suo amore, perché si compia il suo desiderio di salvezza per
il popolo. Maria, turbata dal saluto dell’angelo, Giuseppe sconcertato
dall’irrompere del mistero nella sua storia minima, sono destinatari
di un’annunciazione: «Non temere, chiamo proprio te ad ospitare
il mistero che salva, per farne storia d’uomini, il Dio con noi
si chiamerà Gesù!». [...]
Solo
la fede sa intendere la verità di questo momento che noi insieme
come Chiesa Ambrosiana stiamo vivendo. Solo la fede infatti ci
consente di vivere l’inizio del nuovo anno pastorale non come
il ritorno all’abituale preoccupazione del fare, non come il ripetersi
di un ciclo di feste e di fatiche, di impegni e di iniziative
che consumano le nostre energie e che possono appagare o mortificare
le nostre aspettative.
Questo tempo che ci è dato da vivere ospita la presenza
di Dio che ci accompagna sempre, che è sempre sorprendente
e commovente, illumina con la sua luce la nostra verità personale
e la verità delle nostre comunità. È una luce amica, tanto amica
che ci chiama a conversione con un’insistenza che talora
ci fa soffrire perché sentiamo il peso dei nostri peccati,
e insieme ci fa sperare, perché alimenta una specie di
struggente desiderio di conformazione: «santificatevi dunque
e siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44). È una
presenza fedele, tanto fedele che accompagna ogni giorno,
ogni scelta, abita in ogni dramma e visita ogni tristezza con
la tenace attrattiva del bene, mutando ogni deserto in un percorso
verso la terra promessa. È una presenza affascinante, una trasfigurazione
che rivela la gloria di Dio nella storia di Gesù e, per grazia,
in noi e nella nostra Chiesa ci ricolma tutti della pienezza
di Dio (Ef 3,19). […]
Solo
la fede ci consente quell’esperienza reale della presenza di Dio
che ci libera dalla tentazione di fermarci alla superficie della
vicenda di cui siamo protagonisti e talora ci intristisce imprigionandoci
nei particolari di una cronaca spicciola, fatta di meschinità
e di cattiverie, di peccati e di delusioni, di risentimenti e
di malumori: lo sguardo credente non ignora nessuno dei difetti
delle nostre comunità, non sfugge a nessuna delle fatiche, ma
in ogni cosa riconosce l’occasione di un’annunciazione e la responsabilità
di una vocazione. […]
L’anno pastorale che si avvia può essere fecondo di bene se la
presenza di Dio che illumina la Chiesa con la sua gloria suscita
in noi la fede, la certezza che senza il Signore non possiamo
fare nulla e che – invece – tutto possiamo in Colui che
ci dà forza. Le Assemblee sinodali del clero che abbiamo vissuto
nell’anno trascorso, le visite pastorali nella gran parte dei
decanati della Diocesi, l’avvio di “cantieri” per tenere viva
la tensione missionaria della nostra Chiesa sono stati per me
l’occasione per contemplare la bellezza delle nostre comunità,
per ammirare la dedizione dei preti e degli operatori pastorali,
per raccogliere quelle indicazioni preziose allo scopo di introdurre
correttivi e incoraggiamenti nelle nostre scelte pastorali. Per
la verità, ho raccolto anche segni di stanchezza, espressioni
di scoraggiamento, di scetticismo, di dissenso, ho ascoltato anche
analisi che descrivono l’inadeguatezza delle risorse di cui disponiamo
rispetto alle esigenze della missione e alle sfide che si presentano.
Che cosa faremo? Dove troveremo riposo? Quale rimedio possiamo
proporre? Solo la fede può suggerirci la via da percorrere: noi
troveremo riposo in Dio! Noi porteremo al Signore la nostra povertà,
il nostro poco pane così drammaticamente insufficiente per la
fame di tanta gente e obbediremo ancora alla sua parola che ci
manda a servire la moltitudine. […] Se di una sosta abbiamo
bisogno, deve essere la sosta del Tabor.
In questa luce noi vivremo l’Anno Sacerdotale indetto dal Papa
Benedetto XVI. Forse può sembrare poco concreta e operativa, solo
destinata all’interiorità spirituale la scelta di caratterizzare
un anno pastorale come anno sacerdotale. […] L’Anno Sacerdotale
deve essere per tutti i fedeli un’occasione per rinnovare uno
sguardo di fede sulla presenza dei preti, per intuire quella
loro misteriosa relazione personale con il Signore che si chiama
“vocazione”, per ringraziare Dio dei preti che ci sono, per pregare
per la loro perseveranza e santificazione, per incrementare quello
stile di comunione-collaborazione-corresponsabilità che fa della
cura pastorale una missione condivisa, e non una delega o una
pretesa. […] L’apprezzamento per il ministero sacerdotale comporta
come naturale conseguenza la cura e la promozione delle vocazioni
al ministero.
La vocazione è quel modo di intendere la vita che la salva
dalla banalità, da quella miopia che riduce la vita e le scelte
che la qualificano a una trama di coincidenze casuali, a una serie
di esperienze. La vita vissuta come vocazione impedisce alla libertà
di abbandonarsi all’arbitrio e alla solitudine, di essere derubata
della sua speranza affidabile. Intendere la vita come carriera,
come accumulo di esperienze, come ossessione di autorealizzazione,
come un destino ineluttabile conduce alla disperazione e al nulla.
Perché non siamo capaci e determinati nel presentare il vangelo
della vocazione?
Lo sguardo della fede riconosce la presenza del Signore che dà
ad ogni vita la dignità vertiginosa di una vocazione: il Signore
è interlocutore reale delle nostre scelte, infonde in noi il suo
Spirito di sapienza e di fortezza affinché possiamo portare a
compimento la missione, ci rende pietre vive del corpo mistico
che è la Chiesa perché la nostra vita sia inserita nella comunione
dei santi e tutti troviamo nell’esempio, nel consiglio, nell’intercessione
dei fratelli l’aiuto necessario per il discernimento cristiano.
La presenza del Signore è reale: ognuno di noi è destinatario
di un’annunciazione. E anch’io, come Giuseppe, sarò salvato
dallo smarrimento se ascolterò la parola che dice: “Non temere!”
[…] Chiamiamo il sacerdozio dei preti “ministeriale” per dire
che è a servizio dell’edificazione dei fedeli e del compimento
della vocazione che ciascuno riceve nel Battesimo. Pertanto l’Anno
Sacerdotale richiama i preti alla responsabilità di offrire un
servizio secondo il cuore di Cristo, praticando le vie di sempre
per invitare a conversione, per incoraggiare il cammino di
santità di tutto il popolo cristiano.
Questo
richiamo però è rivolto a tutti i fedeli affinché riconoscano
la dignità della propria vocazione ad essere figli di Dio
e si dispongano a offrire il sacrificio gradito a Dio,
che è la vita secondo lo Spirito. «Dio è spirito e quelli che
lo adorano devono adorare in spirito e verità» (Gv 4,24).
Il culto gradito a Dio, l’adorazione in spirito e verità si celebra
nella pratica quotidiana della carità, nella testimonianza della
speranza: la presenza dei cristiani negli ambienti della vita,
del lavoro, della cultura, della sofferenza, della responsabilità
civile e politica è segnata dal compito di fare risplendere la
luce davanti agli uomini perché rendano gloria Padre che è nei
cieli (cfr Mt 5,16). Non lasciate andare via nessuno senza
speranza! Alcuni battezzati poi potranno e dovranno dare il
loro contributo anche per la vita della comunità cristiana, collaborando
volentieri e in spirito di comunione come operatori pastorali.
La vita della Chiesa, le sue iniziative, le nuove prospettive
che si aprono, tutte le forme che la missione deve assumere richiedono
una collaborazione ispirata da vero zelo, guidata da un lucido
discernimento che sappia unire generosità e sobrietà pastorale.
[…]
È
evidente la sproporzione tra la missione affidata e le risorse
disponibili. Questa sproporzione diviene sempre più evidente
anche per noi, in questi anni, nel contesto di una società secolarizzata,
di una riduzione piuttosto rilevante del numero dei preti, di
una fatica diffusa a sostituire – nei diversi ambiti pastorali
– i collaboratori di sempre con presenze nuove. Che cosa faremo?
Rinunceremo alla missione? Lo sguardo di fede può riconoscere
anche nella fatica e nelle incertezze che ci inquietano un’occasione
per operare scelte di sobrietà pastorale, come siamo soliti
dire in diverse occasioni. Sento la responsabilità di proporre
alcuni concreti criteri di discernimento per conseguire
quel “fare meno, fare meglio, fare insieme” che potrebbe
essere lo slogan della sobrietà pastorale. Non si può compiere
un discernimento se non sotto la guida dello Spirito: pertanto
solo un cammino spirituale paziente e illuminato, come quello
che porterà ogni decanato alla stesura della “carta di missione”,
potrà indicare le priorità irrinunciabili. Infatti, deve essere
la missione con le sue priorità a offrire i criteri per quello
che si deve fare, e non certo l’inerzia e l’abitudine talvolta
scambiate per “la tradizione”.
Nel
quadro della missione, a livello di singoli decanati, deve essere
possibile camminare insieme in modo più sciolto e leggero. Ad
esempio la formazione degli operatori pastorali (catechisti, operatori
Caritas, ministri della santa Comunione, ecc.) può trovare
nel decanato quelle proposte che esonerano dal replicare le iniziative
formative in ogni parrocchia; la figura di un “economo” può sollevare
i preti dall’investire troppo tempo nella gestione delle strutture
e nella vigilanza sui lavori in corso; la cura per la qualità
celebrativa nella comunità può suggerire – laddove fossero in
abbondanza - un’opportuna riduzione del numero delle sante Messe
e una diversificazione di momenti di preghiera affidati a diaconi,
religiose, laici; la disponibilità o meno di collaboratori capaci
e pronti alla corresponsabilità può essere il criterio per mantenere
iniziative abitualmente guidate e animate dai preti (pellegrinaggi,
feste patronali, ecc); la constatazione dei ritmi di lavoro abituali
per la gente può suggerire di liberare le serate da incontri e
riunioni che magari si possono svolgere in giorno di domenica.
La fede nella presenza del Signore, la certezza che il Signore,
elevato da terra, attira tutti a sé (cfr. Gv 12,32), l’umile sapienza
che riconosce i mezzi poveri che Dio preferisce possono forse
convincerci a privilegiare con fiducia quel seminare che non presume
di misurare il raccolto e possono suggerire di dedicarci alla
cura dell’essenziale: la predicazione del Vangelo preparata
con docile attenzione allo Spirito e studiosa pazienza; la disponibilità
per ascoltare, consigliare, assolvere chi si accosta al Sacramento
della Riconciliazione; l’accoglienza attenta delle persone e delle
famiglie che bussano alle porte della comunità cristiana. Non
dobbiamo mai perdere di vista l’essenziale, secondo la forte parola
di Gesù: «cercate il Regno di Dio e la sua giustizia; il resto
vi sarà dato in aggiunta» (Mt 6,33); e dobbiamo aver cura
di non essere un ostacolo a chi cerca il Signore, a chi
ha sete dell’acqua della vita. E se una preferenza dobbiamo
avere deve essere per i preferiti da Gesù, i più poveri, i più
provati dalla vita, i più piccoli.
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Dionigi card. Tettamanzi Arcivescovo di Milano
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